AGRIGENTO – In ventitré hanno scelto la via del rito abbreviato, nove sono le persone rinviate a giudizio con il processo che partirà il prossimo 5 aprile, e due posizioni sono state invece stralciate per un difetto di notifica che ha di fatto invalidato la richiesta di rinvio a giudizio. E’ quanto emerso dalla prima udienza preliminare nell’ambito della richiesta di rinvio a giudizio, avanzata dai magistrati della Dda di Palermo Claudio Camilleri, Pierangelo Padova e Gianluca De Leo, nei confronti di 34 persone coinvolte a vario titolo nell’inchiesta Oro Bianco. L’operazione, eseguita lo scorso gennaio, svelò gli interessi del “paracco” di Palma di Montechiaro, un clan mafioso parallelo a quelli di cosa nostra, guidato dalla famiglia Pace.
Il gup del tribunale di Palermo, Stefania Brambille, ha disposto il rinvio a giudizio di nove persone: si tratta di Sarino Lo Vasco, 53 anni di Palma di Montechiaro; Vincenzo Curto, 40 anni di Canicattì; Vincenzo Fallea, 42 anni di Favara;Giuseppe Farini, 53 anni di Canicattì; Calogero “U russu” Monterosso, 37 anni di Palma di Montechiaro e Tommaso Vitanza, di Palma di Montechiaro. Il processo si aprirà il prossimo 5 aprile. Altri ventitré, compreso Rosario Pace, alias “Cucciuvì”, colui che è considerato dagli inquirenti al vertice dell’intera famiglia, hanno scelto il rito abbreviato. Due, invece, le posizioni stralciate per un difetto di notifica sull’avviso di conclusione indagini: si tratta di Giuseppe Amato, 53 anni di Agrigento, e Angelo Vaccaro, 40 anni di Agrigento. Verranno giudicati separatamente. Il giudice ha anche ammesso la costituzione di parte civile dell’Unicredit, istituto bancario presso il quale lavorava il consigliere comunale Salvatore Montalto, fermato nel blitz, considerato dagli inquirenti uno dei capo decina del clan. L’inchiesta, coordinata dai magistrati della Dda di Palermo Claudio Camilleri, Pierangelo Padova e Gianluca De Leo, muove i primi passi nel palermitano ma ben presto si sviluppano i collegamenti con la provincia di Agrigento.
Collegamenti che sono stati tracciati anche dal collaboratore di giustizia Giuseppe Quaranta. Dalla figura di Salvatore Troia, uomo d’onore di Villabate, si è giunti a Favara dove era in contatto con Giuseppe Blando. Quest’ultimo è il fratello del più noto Domenico, favoreggiatore della latitanza di Giovanni Brusca a Cannatello. L’accusa per gli indagati e’ di essersi avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento ed omertà che ne derivano per commettere gravi delitti, acquisire la gestione o il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici e procurare voti eleggendo propri rappresentanti in occasione delle consultazioni elettorali. Tra i tentativi di estorsione svelati dall’indagine ci sarebbe quello ai danni del gruppo di imprese che si è aggiudicato un appalto da due milioni e tre cento mila euro nell’ambito del “Contratto di quartiere”.