I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, dal Giudice per le indagini preliminari di Catania nei confronti del quarantottenne Puglisi Carmelo e di Magrì Orazio, di anni quarantuno, entrambi ritenuti personaggi apicali in seno alla famiglia mafiosa “SANTAPAOLA – ERCOLANO”. Il Puglisi fu arrestato dai Carabinieri del Comando Provinciale di Catania, in data 8 ottobre 2009, in una villetta situata nel territorio di Belpasso (CT), nel corso dell’operazione cosiddetta “Fiori Bianchi”, allorché, latitante dal 2007, fu sorpreso, insieme ad altri soggetti ritenuti esponenti di primo piano del “Gotha” di “Cosa Nostra” etnea: La Causa Santo, “reggente operativo” della “Famiglia”, all’epoca pure ricercato e di recente divenuto collaboratore di Giustizia, Aiello Vincenzo Maria, “rappresentante provinciale”, Cristaldi Venerando, “capo” del “Gruppo di Picanello”, Tripoto Rosario, “vice capo” del “Gruppo di Picanello”, Barbagallo Ignazio, “capo” del “Gruppo di Belpasso”, Platania Francesco e Botta Antonino, “soldati” del “Gruppo della Civita”, nel corso di una riunione, cui prese parte anche Laudani Sebastiano – “Iano il piccolo”, “capo” dell’alleato clan dei “Muss’i Ficurinia”, indetta per decidere se muovere “guerra” o meno al clan avverso dei “Carateddi”, all’epoca guidato da Lo Giudice Sebastiano, in prepotente ascesa. Il Magrì, ritenuto elemento apicale e killer senza scrupoli della famiglia Santapaola – Ercolano invece è tuttora latitante, dopo che si è reso irreperibile nel corso dell’esecuzione dell’operazione condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale, denominata “Stella Polare”, del 30 luglio scorso, che ha fatto luce sugli enormi interessi della famiglia mafiosa dei “Santapaola – Ercolano” nel lucrativo settore degli stupefacenti. I due, che sono cugini, dovranno rispondere dell’assassinio del co-affiliato Paratore Sebastiano, il quale, in data 11 marzo 2005, venne picchiato, ucciso a colpi di pistola, dato alle fiamme e abbandonato, tra le sterpaglie, in un terreno incolto, sito nelle campagne di Acicatena (CT). Le fonti di prova che hanno consentito al pool di magistrati della Procura di Catania, coordinato dal procuratore aggiunto Carmelo Zuccaro, di richiedere ed ottenere la misura cautelare a carico del Puglisi e del Magrì sono costituite da intercettazioni telefoniche e tra presenti, nonché dalle dichiarazioni rese da tre collaboranti, l’ultimo dei quali, La Causa Santo ha spiegato le ragioni che indussero gli indagati ad eliminare il Paratore. Il Puglisi, che era legato all’ucciso da lontani vincoli di parentela, aveva raccolto, in virtù del suo ruolo di “responsabile” del “Gruppo della Civita”, le lamentele della moglie di un affiliato, condannato all’ergastolo e quindi all’epoca detenuto, che era stata in qualche modo insidiata dal Paratore allorché quest’ultimo, mensilmente, le consegnava lo “stipendio” destinato al marito carcerato. Il Puglisi, allora, in concomitanza con una delle visite del Paratore, aveva fatto nascondere un suo uomo a casa della donna, scoprendo che quest’ultima le aveva detto il vero e, quindi, decretando la morte dell’affiliato, cui avevano personalmente provveduto il Magrì ed altri soggetti, tra cui Catania Alfio, affiliato del “Gruppo di Acicatena”, già condannato per tale delitto con sentenza definitiva emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Catania.
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