Mafia a Enna, nuova scarcerazione: ora è libero il boss di Leonforte

Mafia a Enna, nuova scarcerazione: ora è libero il boss di Leonforte

Giovanni Fiorenza, boss arrestato nell'operazione Homo Novus, ha espiato la sua pena ed è libero per buona condotta grazie alla liberazione anticipata
INCHIESTA HOMO NOVUS
di
4 min di lettura

LEONFORTE – E’ il secondo boss rimesso a piede libero nel giro di poche settimane, dopo la liberazione del capo di Cosa Nostra a Enna Giancarlo Amaradio. E la sua scarcerazione per buona condotta, quanto fosse imminente, era già un fatto noto in città da settimane. Il capo del clan di Leonforte Giovanni Fiorenza, condannato a 12 anni di reclusione nel processo Homo Novus, è regolarmente rientrato nel suo paese, dove potrà riassaporare l’aria frizzante del corso Umberto, della Granfonte e della piazza Margherita, u ‘turnachiazza’, dove dieci anni orsono, assieme ai figli Alex e Saimon, si era messo in testa di dettare legge chiedendo il pizzo a tappeto alle imprese edili e ai negozianti, rimettendo in piedi il vecchio gruppo che aveva un tempo come referente suo cognato, l’ergastolano Rosario Mauceri.

Erano bastati pochi mesi di mafia, insomma, perché la sezione di Pg del Commissariato di Polizia di Leonforte accendesse i riflettori su di lui e lo arrestasse assieme a tutto il clan, facendo saltare a gambe all’aria quel tentativo di far ripartire le estorsioni, con il placet dell’allora capo provinciale di Cosa Nostra, Salvatore Seminara detto zio Turiddu. Era bastato poco perché il Commissariato di Leonforte, da sempre, viaggia a una velocità doppia rispetto ai clan locali e perché categorie, rituali e schemi antichi di Cosa Nostra, ripetuti e ripetitivi, ormai, sono ben noti agli investigatori. L’altro motivo, una svolta epocale da queste parti, era il fatto che finalmente qualche imprenditore – tre per l’esattezza – aveva deciso di ribellarsi alle richieste di pizzo, denunciando tutto alla polizia. Così Fiorenza, che ora è di nuovo libero, era finito in carcere ed era stato condannato.

Si è “fatto la galera”, come dicono negli ambienti, senza mai un’ammissione di colpa e respingendo le accuse, anche di fronte all’evidenza, fornendo spiegazioni poco convincenti (che infatti non hanno convinto nessuno, tantomeno i giudici, tant’è che la condanna fu pesante) e professandosi innocente. Nel frattempo anche i suoi due figli, che avevano preso al processo Homo Novus rispettivamente 9 anni, Alex, e 8 anni 8 mesi Saimon, sono stati già scarcerati da tempo. Entrambi tornati liberi, ma in breve sono ritornati in prigione, finiti entrambi al centro dell’operazione Caput Silente assieme al loro amico Gaetano Cocuzza.

Ma Giovanni Fiorenza, lui che a parlare con Seminara era andato personalmente, come in una scena del film di Martin Scorsese “Quei bravi ragazzi”, adesso è un uomo libero. Da quell’incontro lui, a differenza di Joe Pesci, era tornato vivo e forte più che mai, dopo aver ricevuto la benedizione di Seminara. Zio Turiddu non si era arrabbiato affatto che un nuovo gruppo avesse deciso autonomamente di prendere piede nella sua provincia: anzi, in nome dei soldi, Seminara gli disse che andava bene così, che si doveva mettere a “lavorare”, una strana parola in un contesto del genere: poteva muoversi, se avesse voluto, oltre che a Leonforte pure nella zona industriale di Enna, cioè Dittaino.

In realtà non risulta che ci siano arrivati davvero, i leonfortesi, a Dittaino, anche perché sono finiti presto in carcere e anche perché obiettivamente – cercare di incutere timore in un ambiente dove un tempo Gaetano Leonardo, il vecchio Tano u liuni, scorrazzava indisturbato con il suo esercito personale; e in più sperare di farlo con un’armata Brancaleone composta dai suoi uomini più fidati: u stilista, u bufalu, u catanisi, u lupu o l’olandese – forse non sarebbero stati in grado. Comunque quel tentativo durò poco. E adesso Fiorenza, dopo aver scontato la sua pena, è nuovamente libero.

Dei dodici anni che gli sono stati inflitti, ne sono saltati più di tre per buona condotta e la “liberazione anticipata”. Qui in provincia, intanto, sono cambiate tante cose da quando lui era libero. Torna in un territorio dove Cosa Nostra ennese ormai è stata ridotta ai minimi termini. Ormai gli uomini del racket, detronizzati dalle operazioni delle forze dell’ordine e schiacciati dalla mafia catanese, sono quasi tutti in carcere o inoffensivi. È una provincia che ha ormai spostato l’asse del potere quasi interamente verso Catania e dove ormai non comanda più neppure Seminara, messo da parte dal clan Santapaola Ercolano, che lo ha sostituito con i fratelli di Pietraperzia Giovanni e Vincenzo Monachino, ritenuti oggi i suoi referenti.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI