Mattarella e il pentito| "Di Carlo non sa nulla" - Live Sicilia

Mattarella e il pentito| “Di Carlo non sa nulla”

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

Il capo dello Stato deve avere perso la pazienza di fronte alle “millanterie” del pentito. LEGGI.

PALERMO – “Le fandonie di Di Carlo”, le definisce l’avvocato Antonio Coppola, legale di Sergio Mattarella. Il capo dello Stato deve avere perso la pazienza di fronte alle “millanterie” del pentito Francesco Di Carlo che ha aggiornato le sue memorie prendendosela con la famiglia del presidente della Repubblica. Ai suoi ricordi, già piuttosto stantii, di cui aveva parlato un paio di decenni fa, il pentito aggiunge oggi, qua e la, dei nuovi particolari.

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Sono confluiti in un verbale raccolto in chiave difensiva dall’avvocato Fabio Repici che assiste Alfio Caruso. Si tratta del giornalista citato in giudizio assieme alla casa editrice Longanesi perché avrebbero diffamato in un libro il padre di Sergio Mattarella, Bernardo,e il fratello Piersanti, ex presidente della Regione siciliana assassinato dalla mafia. Del verbale ha dato notizia il Fatto Quotidiano che oggi raccoglie anche la replica dell’avvocato Coppola. Più che una replica, in realtà, è la demolizione del pensiero di Di Carlo, ex boss di Altofonte che da anni, sotto l’ombrello della protezione di Stato, si divide fra Londra e la sua casa vista mare in una città del Nord Italia.

Dopo avere citato alcune sentenze dalle quali, scrive Coppola, emerge “l’atteggiamento di insuperabile contrarietà alla mafia, assunto e mantenuto nel corso di tutta la sua carriera politica“, ecco le bordate contro Di Carlo e non solo: “L’avvocato Repici, difensore del Caruso in questo giudizio, pur di ritardare la conclusione del giudizio, ricorre alle millanterie attribuite al Di Carlo, raccogliendo presunte dichiarazioni in maniera decisamente anomala ed irrituale, sulla base di un processo penale che non esiste, e nonostante il Giudice della causa attualmente in corso avesse già rigettato la richiesta di testimonianza dello stesso Di Carlo”.

Ed ancora: “Abbiamo provveduto a verificare, agli atti non ancora pubblici del giudizio civile, ormai alle conclusioni, l’intera dichiarazione attribuita al Di Carlo e va detto che si tratta di una somma di palesi fandonie, facilmente confutabili. È, inoltre, davvero significativo che nelle sue affermazioni il Di Carlo citi sempre persone decedute (dato che chi è in vita potrebbe smentire)”. I verbali dei pentiti di mestiere si popolano spesso e volentieri (?) di canaglie e gente morta. I morti piacciono.

“Grottesca – scrive Coppola – l’affermazione che un tempo ‘i migliori entravano in Cosa Nostra, in modo fisiologico, anche da persone per bene’. Questa inverosimile visione buonista della mafia è formulata per consentire di dire che Bernardo Mattarella ‘persona per bene’ si sarebbe avvicinato alla mafia di Castellammare del Golfo in quanto vi svolgeva la professione di avvocato e le persone anche per bene di un certo peso sociale entravano inevitabilmente nell’ambito della mafia. Il Di Carlo ignora evidentemente che Bernardo Mattarella – prosegue il legale – ha svolto la sua professione di avvocato, sin dall’inizio, a Palermo, dove trasferì anche la propria residenza non ancora trentenne. Ma, va aggiunto, ‘nei primi anni sessanta’ Bernardo Mattarella, nato nel 1905, non era un ‘giovane avvocato di Castellammare del Golfo’, avendo fatto parte dei primi due Governi del Comitato di Liberazione Nazionale nel 1944-45 ed essendo in Parlamento, sin dalla Consulta Nazionale del 1945 e dall’Assemblea Costituente, e successivamente facendo parte del Governo”.

Di Carlo nel verbale sostiene che, ad un certo punto, Mattarella padre si sarebbe allontanato dai boss di Castellammare del Golfo in conseguenza di un rapimento: “Questi, secondo la narrazione del Di Carlo – di provincia diversa da quella di Castellammare – si sarebbe allontanato da quegli ambienti a seguito del rapimento del proprio figlioccio Caruso (Antonio), figlio dell’industriale del marmo. Ebbene, il dott Antonio Caruso, come accertato dalla sentenza del Tribunale di Palermo del 3 ottobre 2013 n. 4089/2013, e come testimoniato dallo stesso in quel giudizio, non era affatto figlioccio di Bernardo Mattarella ed il suo rapimento avvenne pochissimi giorni prima della morte di Bernardo Mattarella, che si trovava ricoverato in clinica, a Roma, per la seconda volta a causa della sua malattia. Va sottolineato anche che il Di Carlo afferma di avere incontrato, nel ’63-’64, quando aveva poco più di venti anni, l’on Bernardo Mattarella nell’abitazione di questi a Palermo in piazza ‘Isidoro Siculo o in piazza Virgilio’, recapiti dove questi non ha mai abitato. Peraltro, dal 1948, Bernardo Mattarella viveva a Roma”.

Insomma, secondo Coppola, “Di Carlo non sa nulla della vita di Bernardo Mattarella”. E lo dimostra con una raffica di esempi. Il pentito dice di aver incontrato Piersanti Mattarella, fratello di Sergio, ex presidente della Regione siciliana assassinato dalla mafia, “da ragazzo” e che lo incontrava anche “all’epoca dell’Università, in occasione di feste di ambiente universitario”: “Ebbene – tuona Coppola – Piersanti Mattarella dal 1948 viveva ed ha studiato (ginnasio, liceo e università) a Roma, dove si è laureato: è quindi impossibile che il Di Carlo peraltro di sei anni più giovane, possa averlo conosciuto allora”.

Di Carlo dice di avere incontrato Piersanti Mattarella ogni anno alla festa che la Principessa di Ganci organizzava nel castello di Solunto: “Anche qui tocca il ridicolo: Piersanti Mattarella si è recato nel castello di S. Nicola l’Arena (e non di Solunto) una sola volta, con i suoi familiari, in occasione di un famoso concerto di Fred Bongusto, come molti altri spettatori paganti. Va aggiunto che la Principessa di Ganci era morta da molti anni”.

Di Carlo sostiene che a provocare involontariamente l’assassinio di Piersanti Mattarella sarebbe stata una presunta confidenza fatta dal procuratore Pajno per notizie ricevute nella sua qualità di Procuratore della Repubblica di Palermo: “Si scontra con la realtà. Il dott Pajno ha ricoperto quel ruolo ‘dalla fine del ‘80 al ‘87’ e Piersanti Mattarella, com’è ampiamente noto, è stato assassinato il 6 gennaio 1980, quando Procuratore della Repubblica di Palermo era Gaetano Costa, anch’egli successivamente assassinato”.

In conclusione ecco la stoccata di Coppola: “Davvero singolare questo cosiddetto collaboratore di giustizia che, con tanta disinvoltura, maltratta persino il calendario su tanti punti di queste sue presunte dichiarazioni, fantasiose e – si ripete – incerte e contraddittorie. Per tutte queste ragioni i familiari dell’On.le Bernardo Mattarella mi hanno conferito l’incarico di tutelare in sede giudiziaria la memoria del loro congiunto, nei confronti di tutti i soggetti coinvolti”.

 


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