"Mi chiamo Matteo e sono felice" - Live Sicilia

“Mi chiamo Matteo e sono felice”

Matteo, un ragazzo bolognese è venuto a vivere con la sua famiglia a Palermo. Ha 23 anni ma ne dimostra molti di meno. Un incidente ha cambiato tutto quando ne aveva otto di anni, una macchina lo ha investito causandogli gravi fratture alla spina dorsale e difetti di linguaggio, ma anche da una sedia a rotelle, ride dicendo di non aver mai vissuto guardando il mondo dal basso verso l’alto.

Ha avuto molto tempo per studiare, leggere e documentarsi mentre gli altri vivevano vite “normali” e così dopo la laurea in Scienze Politiche, arrivato a Palermo, si è iscritto in Lettere e Filosofia, ma intanto si diverte a dipingere. È molto felice di essere in Sicilia, il clima è meraviglioso e c’è un buonissimo profumo di fiori ovunque, dice.

Racconta di aver trovato degli amici, colleghi di Università, con i quali si trova molto bene ma non li segue quando escono, anche se lo hanno invitato varie volte. “Quando siamo tutti insieme fuori ci divertiamo ma esco solo con i miei genitori o con Tito (un ragazzo brasiliano che da una mano in casa). I locali ed i posti in genere sono sempre pieni di tavoli e sedie e non c’è quasi mai lo spazio per me, c’è confusione e non riesco a farmi capire dagli altri. A volte non posso nemmeno andare in bagno perché nonostante siano toilette attrezzate per raggiungerle ci sono dei gradini e i gestori devono creare a posta delle rampe. Mi costa molto sentirmi un peso, già i miei devono sempre aiutarmi a scendere e salire dalla macchina, per le scale o gradini e programmare prima i posti in cui andare per capire io se posso stare bene. Ma non è un problema per me, è che mi diverto di più quando ridiamo tra noi o passeggiamo in giardino e basta.”

Essere disabile” continua “non significa essere incapaci di intendere, volere o capire quando chi ti vuole bene ha bisogno di prendersi una “pausa” da te. È solo un limite nelle azioni che puoi compiere da solo. Posso laurearmi ma non posso farmi la barba” scherza.

Dice che a Bologna però era più facile. “a Palermo a parte gli uffici e qualche ristorante è molto complicato per me e chi mi accompagna. Agli incroci, sul marciapiede, non troviamo che una piccola discesa e spesso non è nemmeno in linea con le strisce pedonali. Anche se tutti i passanti si prodigano per aiutarci, a volte è materialmente impossibile riuscire a trovare un varco tra le macchine parcheggiate e spesso i bar mettono i tavolini in modo da occupare tutto il marciapiede, quando sono pieni di gente. È anche impensabile prendere un autobus perché non hanno le pedane.” Gli ho chiesto se quindi non si fosse mai trovato da solo fuori casa. “Mai, ho sempre bisogno di qualcuno. Palermo è molto bella ma è stata riempita di edicole, pubblicità e anche panchine, che ostacolano la via per chi come me non è molto agile.” dice sorridendo. I palermitani che ho conosciuto però non sono capaci di sguardi cattivi o di ignorarmi pietosamente, siete un popolo accogliente e pronto a dare una mano a chiunque, a differenza di altre città nelle quali mi sono trovato per visite o vacanze. Quando ci vedono fanno le corse per spostare la macchina o aiutarci, solo, prima di parcheggiare o costruire un edicola dovrebbero pensare un po’ di più. Siete solo sbadati.”

Quando gli ho chiesto se preferirebbe tornare a Bologna mi ha risposo con un sicuro no. A parte il clima ed i profumi di fiori qui ha trovato una fidanzata, Giulia. Si sono conosciuti sul treno per Lourdes, in uno dei viaggi organizzati.

Giulia ha dalla nascita un tipo diverso, ma ugualmente costrittivo, di malformazione. “Io sono stato fortunato. La mia famiglia non è ricca ma i miei non hanno avuto problemi nel creare spazi in casa per me, farmi andare all’Università e garantirmi un’assistenza medica tra le migliori in Italia. Giulia invece viene da una famiglia in gravi difficoltà economiche e la sanità pubblica non è in grado di sostenere sempre situazioni di questo tipo e le tasche dei Comuni, soprattutto Palermo, sono troppo vuote per noi. Se non fosse per i volontari, migliaia di persone in Italia sarebbero completamente abbandonate a loro stesse e dimenticate. I suoi genitori non sanno nascondere la preoccupazione per il futuro. Anche per questo le ho chiesto di essere la mia fidanzata, e lei ha accettato. Molta gente penserà che siamo dei pazzi, ma quando ci guardiamo negli occhi non vedo le “smorfie” che vedono gli altri, io vedo l’amore.”

Gli ho domandato se se avesse dei rancori e mi ha detto che il rancore non è delle persone felici, lui invece lo è molto, felice, nel paradosso della anormalità dice di essere molto più sano dei suoi amici che si complicano la vita ogni giorno. Alla mia domanda sul suo di futuro, mi ha risposto con un sorridente “E te?”.

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