Ho sempre avuto un rapporto singolare con Mondello, il suo mare. Da ragazzo era la mia meta preferita. Ricordo ancora le nuotate che facevo con un amico. Suo padre, maresciallo dell’esercito, aveva una cabina nello stabilimento dei sottufficiali, quello più vicino al paese. Era colorato di azzurro.
Nuotavamo fino alla boa. Poi raggiungevamo quella successiva, fino ad arrivare all’ultima, quella posizionata in corrispondenza del circolo Lauria. Era il nostro traguardo. Da lì, guadagnavamo la riva, e tornavamo indietro camminando a passo spedito lungo il bagnasciuga.. Sua madre ci faceva trovare il panino con le cotolette, o con la frittata. Una vera goduria.
Poi, però, diventai “di sinistra”. Mondello, considerata l’emblema della società “piccolo borghese”, venne così espunta dal mio panorama esistenziale, come le canzoni di Claudio Baglioni. Quelle, almeno, potevo ascoltarmele di nascosto. Il decalogo della sinistra militante, mi impose il mare “alternativo”. Quello con gli scogli, Scopello, l’Addaura, Sferracavallo. Ora che ci penso, di alternativo, mi sono rimaste solo un paio di cicatrici procuratemi scivolando sugli scogli.
Abbandonate le idee rivoluzionarie (e riappropriatomi della libertà di ascoltare a tutto volume i Santo California,) sono ritornato a Mondello. Il cocco e la pollanka, la ciambella ed il cremino, la sdraio e l’ombrellone, lì, nel confortevole, rassicurante e chiassoso contesto dei lidi attrezzati della Italo-Belga. Quelli che ti fanno venire l’esaurimento nervoso, perché se non ci arrivi presto, un posto te lo sogni, e devi fare pure una coda estenuante. Per andarci 30 volte in una stagione devi aspettare un provvidenziale bonifico. E’ esattamente lì che mi godo il mio mare, dove è tutto lindo, tutto pulito, organizzato.
Spesso mi capita di osservare la gente nella spiaggia libera. Le persone costrette a contendersi un fazzoletto di arenile, a volte per scelta, più spesso perché non possono permettersi i costi di un lido attrezzato, e non è raro che mi ritrovi a riflettere sul fatto che, in effetti, il mare è di tutti e che, almeno lì, non dovrebbero esserci differenze o barriere. Tutto il litorale dovrebbe essere pienamente fruibile dalla collettività. E’ questo che mi dico. Poi però mi rendo conto che, per molti, tanti, troppi, il senso del bene comune non va oltre il confine del pianerottolo di casa.
Per esempio, per la signora che dopo aver cambiato il pannolino al bambino, se ne disfa furtivamente gettandolo nella spiaggia, o per l’idiota fumatore che vi butta la cicca e la seppellisce maldestramente col piede. Gli esempi potrebbero continuare all’infinito. Accade la stessa cosa in città. Non nel lido attrezzato. Non so per quale motivo. Forse perché si paga, o forse perché è il contesto stesso che svolge una sua funzione vagamente educativa o solo dissuasiva, influenzando la sfera dei comportamenti.
E allora mi convinco che il problema è mal posto. Non c’entrano le classi sociali, né la povertà o la ricchezza, e neppure la democrazia. Il problema è solo quello di comportarsi come “Totucci”, o più semplicemente come “persone per bene”. E i lidi attrezzati neutralizzano il “Totuccio”. Niente di nuovo.