CATANIA – Giovanni Pruiti, arrestato nel blitz dei Carabinieri “Nebrodi”, rimane in carcere ma il Tribunale del Riesame di Catania ha annullato parzialmente l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip etneo. L’indagato, difeso dagli avvocati Michele Pansera del foro di Catania e Stefania Rania del foro di Vibo Valentia, era accusato di associazione mafiosa e due tentate estorsione. Il giudici del Tribunale della Libertà hanno valutato che non vi fossero elementi utili a sostegno dell’associazione mafiosa al gruppo Santapaoliano di Bronte e per uno dei due episodi estorsioni contestati.
Giovanni Pruiti è l’indagato chiave, dopo Turi Catania, ritenuto il boss di Cosa nostra a Bronte, dell’inchiesta scattata dopo un’escalation di violenza ai danni di alcuni allevatori dei Nebrodi che sarebbero stati minacciati, intimiditi e aggrediti allo scopo di vendere ettari di bosco a prezzi stracciati. Un sistema, secondo gli inquirenti, creato dal gruppo che farebbe riferimento ai Santapaola che operano tra Cesarò, Maniace e Bronte per bypassare il “protocollo Antoci” e riuscire ad ottenere i fondi comunitari destinati all’agricoltura. Inquietanti le foto pubblicate sul mensile S.
“La posizione cautelare di Giovanni Pruiti si è molto ridimensionata – afferma il difensore Michele Pansera – già dalla lettura dei primi atti ritenevamo che non era possibile contestare l’associazione mafiosa. E’ già stato proposto ricorso in Cassazione perché riteniamo che non esiste neanche la seconda condotta estorsiva contestata”.

