CATANIA – L’ansia è decisamente la stessa. Cresce con l’avvicinarsi del giorno fatidico, comune a molti ma quest’anno decisamente diverso. L’esame di maturità al tempo del Covid non smette di fare paura: tutt’altro. Forse ne fa addirittura di più, per la sua forma mutata, a causa dell’emergenza sanitaria, che lo renderà una “prima” a tutti gli effetti. Nessuna busta, niente tema né versione, nessun compito di matematica o fisica. Niente traduzioni. Solo un maxi colloquio orale sulle materie di indirizzo di fronte a una commissione in prevalenza di professori interni.
Eppure, quello del prossimo 17 giugno, resta l’esame per antonomasia per chi è chiamato ad affrontarlo. Resta quello per la “maturità”. Nonostante sia diverso. Anche la Classe 2020 avrà la sua notte prima degli esami. Come assicurano Andrea e Vincenzo. Il primo all’ultimo anno di Liceo scientifico al Vaccarini e il secondo all’ultimo di liceo classico al Convitto Cutelli.
“Non mi aspettavo nulla di tutto questo – afferma Andrea. Penso nessuno si aspettasse una pandemia così importante da bloccare un Paese, da bloccare la scuola”.
Nessuno di loro, nessuno in realtà, si aspettava che la quarantena dalla scuola sarebbe arrivata fino al giorno dell’esame. Immaginato così diversamente.
“Pensavo che avrei condiviso i momenti di ansia con i miei compagni – continua Andrea. Che avremmo potuto sostenerci gli ultimi giorni, in classe, che avremmo potuto copiare gli ultimi compiti, poter alzare la media. Organizzare la cena con i professori. E invece, per mesi, ci siamo alzati alle 9, e abbiamo fatto lezione online rimanendo chiusi nelle nostre case”.
Stesso pensiero, quello di Vincenzo, che immaginava avrebbe svolto la maturità come chi lo ha preceduto negli anni. E invece si troverà in una situazione nuovissima. Unica e ancora non del tutto chiarissima.
“Lo hanno modificato tante volte – continua Vincenzo: hanno cancellato gli scritti e tutto si svolgerà in forma orale. Mi dispiacerà tanto non poter svolgere la prima prova, quella inerente le discipline classiche, perché ho passato cinque anni a prepararmi!”. E poi il contatto, mancato negli ultimi mesi. “Ha provocato in me una sorta di apatia – confessa Vincenzo – come un vuoto alla fine del mio anno scolastico”
I banchi posizionati lungo il corridoio, l’attesa dell’inizio della prova, la possibilità, sempre nella speranza di non essere “beccato”, di copiare, di scambiare due opinioni con il compagno. Ad Andrea è questo l’aspetto che mancherà di più. Per quanto lui il bicchiere lo veda mezzo pieno. “I maturandi 2020 saranno unici – sorride: alla fine dell’esame ci prenderemo a gomitate. Scherzo, è chiaro che ci mancheranno gli abbracci, le strette di mano al presidente, emozioni che tutti, dai miei nonni ai miei genitori, hanno provato – aggiunge. Ma io vedo sempre il lato positivo e potrò dire a mio figlio che avrò fatto la maturità in questo modo, con la mascherina, studiando al pc con la professoressa che si sentiva ora si ora no”.
Vincenzo, al contrario, teme che la “generazione ’20” possa subire pregiudizi.
“Noi maturandi 2020 temiamo un po’ un pregiudizio – ammette. Abbiamo paura che presentandoci ai professori universitari, questi potranno pensare “ecco i ragazzi che non hanno affrontato il vero esame di maturità”. Ma non è così: abbiamo dovuto fare i conti con la scuola chiusa, con strumenti non noti, fare fatica e sacrifici, e dobbiamo ringraziare i docenti che, in questi mesi ci hanno accompagnato, sopportandoci e supportandoci al massimo”.