CATANIA – La campagna referendaria è ormai agli sgoccioli e in attesa del 4 dicembre il fronte del Sì si gioca tutto in zona Cesarini. Soprattutto in Sicilia, granaio di voti, dove il No sarebbe in testa nei sondaggi. Oggi a Catania è sceso in campo il ministro Andrea Orlando per una “chiacchierata” con il deputato dem Giuseppe Berretta finalizzata a spiegare le ragioni del Sì. Tra le cose da tenere in conto c’è anche che una bocciatura della riforma potrebbe porre fine all’esperienza dell’esecutivo in carica. “Riteniamo che sarebbe un grave danno per il Paese”, dice Berretta. Il deputato considera la posta in gioco una possibilità di cambiamento decisiva soprattutto in termini legislativi per garantire “tempi certi e veloci”. “Le leggi verranno approvate in maniera più veloce e questo sarà un fatto fondamentale. Sono stato impegnato in prima persona nel disegno di legge sull’identità biologica, provvedimento chiesto a gran voce da moltissimi figli adottivi ma che purtroppo non e ancora stato approvato a causa della famosa “navetta”, argomenta il deputato. “Mi auguro che proprio dal Sud arrivi un forte Sì, – spiega Berretta- un cambiamento che serve soprattutto al Mezzogiorno dove abbiamo bisogno di strutture, riforme, lavoro, sviluppo e occupazione, per questo serve una scelta oculata e confidare nella possibilità di cambiamento. Molto spesso sento un atteggiamento di disfattismo, che non solo non condivido ma reputo molto dannoso per tutto il paese e in particolare per il Sud”.
E sul treno del “cambiamento” da prendere al volo punta anche il ministro della Giustizia. “L’Italia ha bisogno di un cambiamento che attende da trent’anni, la Costituzione repubblicana va attualizzata con un meccanismo che consenta di far sì che il cittadino, quando vota, sa per un periodo significativamente lungo c’è un governo e un parlamento che legifera e non un ping-pong o una serie di veti incrociati che alla fine svuotano la democrazia”, spiega. “E quando la democrazia non funziona c’è sempre qualcuno che si incarica di decidere per tutti”, sottolinea Orlando. Il golden boy piddino risponde all’ultima invettiva di Grillo: l’equazione fonte del Sì ,“serial killer del futuro dei nostri figli”. “Grillo usa sempre dei mezzi toni, mi sembra”, dice ironico. Poi il colpo di fioretto. “Io credo che chi vota Sì promuove un cambiamento e chi vota No mantiene un assetto istituzionale come quello che ha generato il malcontento di cui poi il Movimento Cinque Stelle è un’espressione. Quindi forse c’è un interesse a mantenere le cose così perché magari si può pensare di rimpinguare il bottino elettorale, attacca Orlando.
Il ministro “dai globuli rossissimi”, come lo definisce il giornalista Mario Barresi moderatore dell’incontro, rivendica che la riforma s’inscrive nel solco della tradizione della sinistra italiana. A D’Alema, che dal palco della festa dell’Unità nazionale aveva rivendicato di stare dalla parte di Cgil e Anpi e non da quella di Marchionne Confindustria, Orlando risponde che nel fronte del No ci sono anche “Brunetta e Salvini”: “la compagine è quantomeno eterogenea”. Poi a sostegno della sua tesi, Orlando ricorda che “il Pse ha auspicato una vittoria del Sì e che “il superamento del bicameralismo è una proposta che fu del Pci, era nel programma del Pds e dei Ds, dell’Ulivo, nei due governi Prodi e una caratteristica di una delle due bicamera guidata da D’Alema”. Sulla scorta dell’esperienza della bicamerale, in cui si tentò di mettere su una “sorta di semipresidenzialismo”, il ministro considera “stravaganti” le invettive del lider maximo. E sulla possibile deriva autoritaria, paventata dal fronte del No, il ministro dice la sua: “In questo momento la deriva autoritaria si determina quando la democrazia non è in grado di decidere”.