Palazzo Pantelleria FOTO| Cuore spagnolo della città - Live Sicilia

Palazzo Pantelleria FOTO| Cuore spagnolo della città

Domenica eccezionalmente aperto per la Giornata di Primavera del Fai.

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Il palazzo che affaccia sulla piazzetta Meli, fu la dimora della nobile famiglia spagnola dei Requesenz, conti di Buscemi e di Regalmuto, arrivati in Sicilia con Bernardo, Gran Cancelliere del Regno di Sicilia, generale di Re Alfonso e viceré nel 1461, 1463 e 1464. Venne investito di molti possedimenti e titoli, come quello di principe di Pantelleria, da cui il nome del palazzo, che oggi, domenica 26 marzo, eccezionalmente apre al pubblico, dalle ore 10 alle ore 17, in occasione della XXV edizione delle Giornate FAI di Primavera e in esclusiva per gli iscritti al FAI.

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Il nucleo originario della dimora di famiglia, nota come Palazzo Pantelleria, risale alla fine del Quattrocento, come dimostrano gli archi catalani che tuttora si ammirano nel porticato ovest del cortile e due altorilievi, con putti, collocati sulla la scala interna, che reggono lo stemma dei Requesenz. Le fonti del periodo parlano della presenza di torrette merlate, come sui coevi e vicini palazzo Abatellis e palazzo Termine Alliata di Pietratagliata, inglobate dalle ristrutturazioni successive. L’edificio ha la forma di un grande quadrilatero con cortile centrale e, nella sua ultima configurazione settecentesca, veniva considerato uno dei più imponenti palazzi di Palermo con affacci su due diverse piazze, dietro la chiesa di San Domenico e nel mandamento Loggia o Castellammare.

Nel Cinquecento, Bernardo Requesenz, Gran Cancelliere del Regno e Pretore di Palermo, promosse l’ampliamento della magione. A testimonianza di questo periodo, dal lato del palazzo che si affaccia su largo Cavalieri di Malta (già piazzetta Valverde), ammiriamo lo scalone d’accesso in marmo grigio di Billiemi. Era questo, all’epoca, l’ingresso principale del palazzo e alla sommità della scala troviamo il portale di accesso al piano nobile con incisa la data, “1555”. Sull’architrave ancora oggi campeggia lo stemma dei Requesenz con tre torri d’oro e quattro pali di colore rosso, riferimento alla Casa Reale d’Aragona, con una iscrizione in latino: “Esse malo quam videri” (preferisco essere che apparire), orgogliosa affermazione nobiliare che persiste, nonostante il tempo, a testimonianza dei grandi personaggi che hanno abitato la città, protagonisti della sua storia.

Come la gran parte dei palazzi nobiliari di Palermo, anche palazzo Pantelleria fu oggetto di una importante ristrutturazione a partire dalla metà del Settecento, quando l’edificio fu ingrandito prima da Giuseppe Antonio Requesenz e poi dal figlio Francesco Requesenz e Branciforte, consigliere di Stato, presidente della suprema Corte di Sicilia, ambasciatore presso le corti di Francia e d’Inghilterra. Gli archivi vedono impegnato sul cantiere Giovanni Del Frago, architetto di spicco del Rococò, a cui si deve il primo progetto di ammodernamento e ampliamento del palazzo.

Verso la fine del Settecento il palazzo venne diviso in due parti: l’ala nord, su largo Cavalieri di Malta, fu data in dote a Teresa Requesenz, moglie di Giuseppe Gravina principe di Comitini (da cui il nome di palazzo Gravina), mentre l’ala sud-ovest su piazza Meli, restò ai principi di Pantelleria, che si estinsero nel 1848 con la morte di Emanuele, personaggio rilevante del Risorgimento siciliano. Queste due strutture del palazzo sono ancora oggi ben riconoscibili. La facciata su largo Cavalieri di Malta, da dove oggi ci sarà l’accesso al pubblico, è settecentesca: un alto portale centrale, affiancato da colonne è sormontato dal classico mascherone apotropaico e dal balcone d’onore con ringhiera a petto d’oca. Il prospetto su piazza Meli, contrassegnato da un grande stemma angolare in pietra scolpita, è un rifacimento ottocentesco.

Nel 1835 la famiglia fu costretta a vendere il palazzo all’asta e fu rilevato quasi interamente dai Várvaro, ancora oggi proprietari della maggior parte dell’immobile, escluso il terzo piano acquisito dalla famiglia Omodei. Qualche anno fa, l’appartamento del piano nobile che si affaccia su piazza Meli è stato acquistato dal professore Cazzaniga che lo ha interamente ristrutturato “in stile” dopo che era stato completamente deturpato negli anni Cinquanta perché usato come show-room da un mobilificio. Oggi, l’abitazione, riportata agli antichi splendori, ospita la collezione privata del nuovo proprietario, appassionato d’arte e di libri.

Oggi, dopo la visita all’ala settecentesca del palazzo, attraverso il cortile interno, il pubblico sarà guidato a conoscere anche l’altra parte, che si affaccia su piazza Meli. Alla committenza dei Várvaro, si deve l’attuale aspetto ottocentesco di questa parte del palazzo, che divenne l’epicentro delle attività finanziarie, pubbliche e filantropiche in cui la famiglia si distinse nel XIX secolo. Francesco Várvaro Pojero, console generale dell’Impero Austro-Ungarico sino al 1914, ebbe tra i suoi ospiti anche membri della famiglia imperiale. Questo illustre personaggio, appassionato di botanica nel 1896 mise a dimora il celebre ficus che campeggia, ancora oggi, al centro del cortile. Albero fatto arrivare dall’Australia e forse unico in Europa con le radici “a fittone”, che si inabissano nella terra, e quindi non recano danno alle fondamenta degli edifici come quelle che si sviluppano, come di norma, orizzontalmente. Avendo deciso di piantare questo albero imponente nella corte del suo palazzo, il Varvaro scelse un albero le cui caratteristiche non avrebbero danneggiato la sua dimora.

L’aspetto dominante dell’ala nobiliare che è ancora di proprietà della famiglia Varvaro è di stampo Ottocentesco. Il pubblico oggi potrà visitare il secondo piano dove domina la “Sala da ballo”, affrescata a tempera alla fine dell’Ottocento con la rappresentazione dell’investitura della contea di Buscemi data ad Antonio Requesenz da Filippo II. Questo salone è preceduto dalla sala gialla o “sala della bisnonna” con pavimenti decorati con maioliche ottocentesche e pitture sul soffitto che celebrano la musica; e dalla sala con soffitto dipinto da Giovani Enea con scene mitologiche di notevole bellezza. Enea, impegnato anche nella decorazione del Teatro Massimo, qui dipinge le scene classiche del “trionfo di Venere” e “trionfo di Bacco” tra decorazioni in stile pompeiano, con mascheroni e grottesche. La stanza più antica di questa ala del palazzo, caratteristica delle case nobiliari settecentesche, è la “saletta dell’alcova”, in stile Rococò, con pavimento d’epoca in maiolica, ancora ben conservato.

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Solo per oggi, la visita guidata al palazzo è a cura degli studenti dell’Istituto Magistrale statale “F. Aprile”, in veste di “Apprendisti Ciceroni” (Piazzetta Meli, 5. In caso di grande affluenza gli ingressi potrebbero essere sospesi prima dell’orario di chiusura indicato. Per maggiore informazioni: www.giornatefai.it).

 

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