Padri, madri e figli: così la droga da Palermo arrivava in carcere

Padri, madri e figli: così la droga da Palermo arrivava in carcere

La filiera dei traffici illeciti partiva dal capoluogo siciliano e giungeva ad Augusta

PALERMO – L’inchiesta è iniziata nel 2021. Due detenuti hanno svelato i traffici illeciti all’interno del carcere di Augusta. C’era un mercato nero della droga e dei cellulari nel penitenziario. E i telefonini sono finiti sotto intercettazione.

La stragrande maggioranza degli arrestati nel blitz della finanza e della polizia penitenziaria, coordinati dalla Procura di Catania, è palermitana. In carcere sono finiti Ignazio e Michele Ferrante, di 40 e 60 anni, Andrea Marino, 47 anni, Domenico e Giuseppe Misia di 30 e 25 anni, Valentina Romito, 31 anni, Andrea Scafidi, 31 anni, Carmelo Valentino, 53 anni. Arresti domiciliari per Giuseppe Arduo, 25 anni, e Clotilde Maranzano, 60 anni.

Vigeva il regime del terrore. ” … mi sto sentendo male, sto tremando, mi viene anche da piangere… domani alle 8:00 ho l’ultima possibilità, a stento mi hanno perdonato… non ce n’è più perdono”, diceva un detenuto alla moglie, obbligata a portare in carcere sim card e stupefacenti. Li nascondevano dentro i pacchi di patatine, nei pannolini per bambini o nei succhi di frutta cestinati in appositi contenitori dei rifiuti da dove venivano successivamente recuperati. Altre volte sarebbero stati gli stessi detenuti a tornare carichi di roba al rientro dai permessi premio.

Marino avrebbe coordinato l’acquisto della droga dai grossisti dello Zen, anche tramite la compagna, Angela Palazzotto, e il figlio di lei, Andrea Scafidi, e la successiva vendita in carcere. Ignazio Ferrante, invece, si sarebbe occupato di farli entrare in carcere, contando sulla collaborazione della compagna, Valentina Romito, del padre Michele e della madre, Clotilde Maranzano.

Ferrante all’inizio non aveva piena fiducia nella compagna: “Si tratta qua che le donne non hanno lo stesso carattere dell’uomo, che ne sono domani ti svegli e ti fai pentita”. La risposta fu piccata: “Sangue mio, nella mia razza purtroppo, no purtroppo, per fortuna queste cose lo sai che non esistono, lo sai benissimo… tu non ti puoi permettere di offendere me”.

Ed invece Romito si sarebbe dimostrata più che affidabile. Ecco come ricostruiva un episodio: “… mi
sono messo la borsa da quest’altro lato… vita… dalla parte dove ci sono le panchine… io furba … mi sono preso la borsa e me la sono messa qua… ho preso le imbevute… mi devo pulire le mani. . e poi a che ci sono con l’occasione pulisco pure la scarpa. Mi sono pulita le mani… ho preso il coso… e l’ho buttato nel cestino”.

Nei mesi scorsi alcuni parenti sono stati bloccati prima di entrare nelle sale colloqui. “Tummula ci fu”, diceva Ignazio Ferrante. “Siamo tutti consumati”, aggiungeva Giuseppe Misia.


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