15 Aprile 2022, 19:43
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Il caos non è in sé per Francesco Cascio, ultimo candidato ufficiale di un centrodestra slabbrato, a Palermo. Il caos sta, semmai, nella rinnovata certificazione della suprema difficoltà di ogni ricucitura, al punto in cui siamo. Le parole del medico forzista lanciato oggi sul ring della sfida per il sindaco da Gianfranco Miccichè sono la lettura oggettiva di una irreversibilità annunciata: “Abbiamo atteso per educazione, ma il nostro essere attendisti è sembrato un segnale di debolezza. A questo punto la mia candidatura c’è formalmente, parleremo con tutti gli alleati e cercheremo di arrivare a una soluzione quanto più ampia possibile, se non unitaria. Avremo tre liste e partiamo, secondo me, da una base del venti per cento”. E si capisce benissimo, in queste dichiarazioni tutte quasi in fotocopia (rileggere Minardo per Scoma, Cesa per Lagalla, etc etc…) che l’unità è una finzione scenica nemmeno tanto efficace, un esorcismo spompato. Si va alla conta, bellezze – ecco il succo – e tanti saluti a tutti.
Adesso, nella frammentazione, si comincia a capire chi sta con chi. Esplicita appare la nota che segue: “La candidatura a sindaco di Palermo di Francesco Cascio da parte di Forza Italia – autorevole e di esperienza – sarà valutata con la dovuta attenzione da parte del nostro ufficio di presidenza nelle prossime ore. Già la scorsa settimana avevo espresso il mio personale apprezzamento per l’uomo ed il politico“. Così Saverio Romano, vicepresidente nazionale di Noi con l’Italia. Né può mancare la consueta postilla: “Nel permanere di altre candidature dentro il centrodestra rivolgiamo a tutti gli alleati un appello all’unità anche con il nostro lavoro di cucitura che, peraltro, abbiamo da sempre interpretato sino in fondo, evitando di esprimere anche noi, con ulteriore senso di responsabilità, una nostra candidatura“. Ovvero, intorno a Cascio potrebbero coagularsi i centristi del ‘No Lagalla’. Lo stesso professore che oggi non ha lesinato critiche alla coalizione.
Totò Cuffaro fa i conti, prendendola un po’ alla lontana: “Non ricordo quanti erano i cavalieri della Tavola Rotonda, quel che è sicuro è che a Palermo ci sono già sette candidati a sindaco nel centrodestra: Cascio, Scoma, Lentini, Lagalla, Faraone, Varchi e perché no, anche Romano. Palermo non è certo Camelot. Credo che la soluzione migliore, affinché Camelot non cada nelle mani di Mordred (la sinistra post orlandiana), sia che i cavalieri-candidati si chiudano nella sala del regno e, seduti intorno alla Tavola Rotonda, e senza i Merlino (partiti però senza magie), scelgano fra loro ‘Il Lancillotto’. E sia solo lui a cimentarsi nella sfida per riconquistare Camelot-Palermo. Lo dico con umiltà sapendo di non essere Parsifal”. Una metafora arzigogolata, ma dal contenuto lampante: guardate che così vince Franco Miceli.
Dal canto suo, il presidente nazionale degli architetti, ovvero Franco Miceli, campione del centrosinistra, starà gongolando. Immaginiamo lo scenario: Miceli attacca il centrodestra che gli risponde in una corale stile Zecchino d’oro. Miceli dice qualunque cosa, idem. Miceli va con la macchina agli appuntamenti elettorali, mentre per quegli altri ci vuole il pullman con i posti rigorosamente separati. E, se fosse ballottaggio, come potrebbero, figure che si sono divise, ritrovarsi insieme per sostenere il superstite? C’è anche un’altra ipotesi: che il centrodestra non voglia Palermo, perché considera quella per la Regione l’unica partita che conta, ma come affrontare le regionali dopo un simile pasticcio? Il caos è servito e ha ragione Cuffaro: Mago Merlino non basta. Per il centrodestra servirebbe un miracolo.
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15 Aprile 2022, 19:43