Cuffaro: 'A Palermo si può perdere, ecco chi candiderei'

Cuffaro: ‘A Palermo si può perdere, ecco chi candiderei’

L'ex presidente della Regione parla di tutto: delle elezioni, di Salvini, di Musumeci... E di Orlando.
PALERMO 2022 - L'INTERVISTA
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5 min di lettura

Cuffaro, come vede la corsa a sindaco per Palermo?
“Se il centrodestra continua a dividersi, andremo al ballottaggio e vincerà Franco Miceli. Le spiego anche perché”.

Totò Cuffaro risponde dopo avere passato una mattina in campagna, perché, fra le sue tante vite, ce n’è anche una da agricoltore. Ma, dismessi i panni campestri, il pensiero corre ai tavoli di una coalizione litigiosa che vorrebbe piantare la sua bandiera su Palazzo delle Aquile, ma che sta facendo di tutto per aumentare le possibilità di una sconfitta. In natura e in politica ci vogliono pazienza e abilità per cogliere i frutti di un impegno. E pare proprio che manchino.

Non sarà un po’ troppo pessimista?
“No, intanto guardo i numeri. Se le cose andranno bene, per quello che vedo, il centrodestra andrà con almeno tre candidati: Varchi, Lagalla e Cascio, azzardo una ipotesi. Altrimenti saranno sei”.

Sei? Come ci arriva?
“Lagalla, Cascio, Varchi, Lentini, Scoma e Faraone che dialoga con il centrodestra. Non ci metto Ferrandelli perché Calenda lo ha chiuso nel recinto del ‘non voglio questo e non voglio quello’, con un piccolo sportello a sinistra. Lui si è visto piovere addosso il diktat e, se non ci sta, sarebbe il momento di battere un colpo”.

Lei ha parlato con Matteo Salvini?
“Sì, per la prima volta, perché è venuto a Palermo”.

E che impressione le ha fatto?
“L’impressione di una persona normale ed è una cosa buona. Mi creda, come cantava Lucio Dalla, in politica, l’impresa eccezionale è essere normale. Oltretutto, conosce benissimo la vicenda siciliana e quella palermitana. Gliela stanno raccontando bene”.

Che le ha detto Salvini?
“Sintetizzo: vuole portare qualcosa a casa. La presidenza della Regione era il primo obiettivo, ma ha capito che ci sono delle difficoltà. Lui sarebbe disposto a un ragionamento su Palermo, se ci fosse una possibilità per la Lega a Palazzo d’Orleans. Siccome è difficile, ecco la puntata forte su Scoma”.

Ma se si candidano tutti, diceva…
“Si va al ballottaggio e perdiamo, chiunque sia in lizza. Il centrodestra, storicamente, vince al primo turno quando la forza delle liste trascina il candidato. Al secondo turno diventa quasi impossibile. Vincerebbe Franco Miceli che, tra l’altro, è veramente un’ottima persona ed è uno che può fare bene dal punto di vista dell’immagine”.

Addirittura, sconfitta a prescindere?
“Sì, perché il nostro popolo non è stimolato al ballottaggio, vuoi per sfiducia nella politica, vuoi perché non ha interesse. A sinistra l’elemento ideologico trascina di più”.

Un bel problema per il centrodestra.
“Un bel problema per la politica. Non si vota quasi più per un’idea, si vota per interesse, per rabbia, per protesta. Ecco perché il cinquanta per cento rimane a casa e non va al seggio. Ed ecco perché abbiamo rimesso in campo la Democrazia Cristiana, per riportare a galla una cultura che può piacere o non piacere, ma, almeno, è una cultura”.

E lei è convinto che funzionerà?
“Io so che sta già funzionando. Lei non immagina quante persone chiamano perché vogliono stare in lista con noi. E io non ho alcun potere, né posso più distribuire prebende. A Favara e a Caltagirone, abbiamo avuto ottimi risultati. A Caltagirone sa cosa mi hanno chiesto? Di sistemare la casa di Scelba. E non erano ottantenni. Erano giovani”.

Ma lei chi vorrebbe come candidato a Palermo?
“Se dipendesse da me vorrei una donna, un candidato sindaco donna”.

C’è già Carolina Varchi, no?
“Se fosse candidata da parte di tutti non andrebbe affatto male. Nel perimetro di Fratelli d’Italia non va bene. Ma io vorrei proprio che si azzerasse tutto, che si trovasse una candidatura nuova, con il nome di una donna. L’ho anche detto a Salvini”.

E che le ha risposto?
“Mi hanno guardato tutti in silenzio, per qualche secondo”.

Lei a chi sta pensando?
“Un nome in testa ce l’ho, ma non voglio spenderlo”.

Perché no?
“Perché non voglio lanciarlo nella mischia. Quando finirà la bagarre, prenderemo un caffè insieme e glielo dirò”.

Comunque, insisto, lei è pessimista.
“Ho visto troppi cambiamenti repentini. Miccichè era scatenato per Lagalla, ora è scatenato per Cascio, contro Lagalla. La priorità non è l’interesse personale, di cui riconosco l’importanza. C’è un interesse superiore: la possibilità di vincere. Se si segue soltanto il proprio interesse personale, si perde. E si perde tutti insieme”.

Come valuta la situazione a Palazzo d’Orleans?
“Musumeci ha il diritto di riproporre la sua candidatura e gli altri hanno il diritto di ragionare su altri. Semplice, semplice. Non si possono avere pregiudizi. Altrimenti si andrà a sbattere, peggio che a Palermo, considerando che Cateno De Luca sta facendo la sua campagna elettorale e che nessuno ha parlato con lui. Siamo al cupio dissolvi”.

Che ne pensa della presidenza Musumeci?
“Lui ha fatto la sua parte in un momento difficile e bisogna riconoscerlo. Se avesse avuto più attenzione nel curare i rapporti con i partiti, sarebbe già ricandidato, perché nessuno può disconoscere la sua onestà. Ma ha ricevuto anche degli sgarbi, come quello sui grandi elettori per il Capo dello Stato, questo è innegabile. E poi mi lasci dire…”.

Dica pure.
“L’azzeramento delle commissioni, il blocca-nomine… Ma che segnali sono? La Dc litigava, anzi, aveva istituzionalizzato il litigio con le correnti, ma non faceva regolamenti di conti sulle pelle delle istituzioni”.

Dovesse raccontare in sintesi il regno democratico di Leoluca Orlando a Palermo?
“Leoluca Orlando, tranne che nell’ultima consiliatura, è stato un sindaco positivo. Ha cambiato il volto di Palermo, almeno dal punto di vista dell’immagine. Essere passati da Ciancimino a Orlando è stato un evento straordinariamente importante. Avrebbe dovuto evitare di candidarsi nell’ultima occasione. Così sarà ricordato come il sindaco delle mille bare ai Rotoli”.

Lei è stato condannato per mafia e ha scontato la condanna. Più di una voce autorevole ha criticato questo suo essere in campo, anche se indirettamente.
“Con grande umiltà accetto il pensiero di tutti, ma rivendico le mie opinioni. Io sono un condannato che non ha mai pronunciato una parola di protesta nei confronti della giustizia in cui continuo ad avere fiducia. Ho accettato la sentenza, anche se mi ha graffiato in profondità le carni. E’ facile rispettare la giustizia quando le tue carni non sono toccate. Io ho compiuto il mio percorso di rieducazione e ho il dovere e il diritto di non rimanere detenuto a vita”.


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