Palermo, mancata perquisizione covo Riina: "Lo decise la Procura"

Mancata perquisizione del covo di Riina: “Lo decise la Procura”

Il capitano "Ultimo" che arrestò il padrino commenta la sentenza sulla Trattativa

PALERMO – “Le sentenze si rispettano anche quando, a volte, non si capiscono. La mancata perquisizione al covo di Riina? Basta leggere il verdetto con il quale sono stato assolto da quell’accusa. La decisione fu presa dalla Procura, non certo dai carabinieri che non capisco cosa c’entrino”.

A commentare così le motivazioni della sentenza sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia è il ‘capitano Ultimo’, nome in codice del colonnello Sergio De Caprio, l’ufficiale del Ros che il 15 gennaio del 1993, quando era a capo del Crimor, arrestò Totò Riina dopo 24 anni di latitanza.

Nel 2015 le telecamere di Livesicilia entrarono nel covo di Riina prima che diventasse una caserma dei carabinieri. GUARDA IL VIDEO

“Segnale di buona volontà”

Uno dei testimoni diretti di quelle vicende sfociate poi in inchieste giudiziarie dalle quali i vertici del Ros sono stati assolti. Anche se i giudici del processo sulla trattativa scrivono che la mancata perquisizione della villa di Riina sarebbe stata un “segnale di buona volontà” lanciato a Cosa Nostra, con cui era stato intavolato un dialogo attraverso l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino.

“Sconcertanti omissioni”

Le “sconcertanti omissioni” che seguirono la cattura del boss Riina, e in particolare la mancata perquisizione del suo covo, secondo la Corte di assise di appello, si inquadrano “nel contesto delle condotte di Mori dirette a preservare da possibili interferenze la propria interlocuzione con i vertici dell’associazione mafiosa già intrapresa nei mesi precedenti”.

“In tale contesto, e pur in assenza di un previo accordo con Bernardo Provenzano o con soggetti a lui vicini, e quindi di una specifica volontà di favoreggiamento – si legge ancora nella motivazione – con la mancata perquisizione del covo di Riina si intese lanciare un segnale di buona volontà, un segnale cioè della disponibilità a mantenere o riprendere il filo del dialogo che era stato avviato, attraverso i contatti intrapresi con Ciancimino per giungere al superamento di quella contrapposizione di Cosa Nostra con lo Stato che era già culminata nelle stragi di Capaci e di Via D’Amelio”.

“Responsabilità della Procura”

De Caprio ha letto i passaggi delle motivazioni e ha deciso di intervenire: “La responsabilità della Procura, che ha il compito di coordinare l’attività di polizia giudiziaria, è un dato oggettivo non certo un opinione, personalmente posso solo dire di essere felice che il generale Subranni, il generale Mori e il colonnello De Donno siano stati riconosciuti innocenti”.

In una udienza del processo sulla Trattativa, nel 2016, Giancarlo Caselli, nominato procuratore di Palermo nei giorni dell’arresto di Riina, disse che fu ‘Ultimo’ a “chiedermi di non perquisire il covo di Riina, sostenendo che avremmo altrimenti compromesso sviluppi investigativi importanti. Io mi fidai e per me era scontato però che il Ros avrebbe proseguito la sorveglianza del nascondiglio del boss appena catturato”.

Il colonnello De Caprio, che dall’ottobre scorso è in pensione, oltre a iniziative di solidarietà come la casa famiglia “Volontari Capitano Ultimo”, da diversi anni partecipa a iniziative antimafia e si occupa di diffondere la cultura della legalità tra i giovani. Sabato 13 agosto sarà al Parco archeologico di Selinunte per l’iniziativa “Musica & Legalità”, l’evento promosso dalla testimone di giustizia Valeria Grasso, l’imprenditrice che ha denunciato il clan di Nino Madonia, killer del generale Dalla Chiesa.


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