Mafia ed estorsione: assolti Nicastri e l'agronomo Leone

Mafia ed estorsione: assolti Vito Nicastri e l’agronomo Melchiorre Leone

Vito Nicastri
Processo in appello dopo il rinvio della Cassazione

PALERMO – Nuova assoluzione per Vito Nicastri e Melchiorre Leone. La sentenza con la formula “perché il fatto non sussiste” è della Corte di appello di Palermo chiamata a pronunciarsi dopo l’annullamento con rinvio della precedente assoluzione. La Procura generale aveva chiesto la condanna a 10 anni e 8 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni nei confronti di Nicastri, ritenuto tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro, e 12 anni per l’agronomo Leone, imputato per mafia ed estorsione aggravata.

Soprannominato il re dell’eolico per i suoi investimenti nelle energie rinnovabili, Nicastri era stato condannato in abbreviato a 9 anni di carcere. Leone a 9 anni e 4 mesi. La sentenza venne ribaltata in appello. Nicastri fu assolto dall’accusa di concorso esterno e condannato solo per l’intestazione fittizia a 4 anni e 3 mesi. Passa la linea difensiva degli avvocati Giovanni Di Benedetto, Giovanni Rizzuti, Sebastiano Dara e Andrea Magaddino.

Il nome di Nicastri emerse anche nell’ambito di una inchiesta che ha coinvolto il suo socio, il faccendiere ex consulente della Lega, Francesco Paolo Arata, indagato per corruzione. L’indagine, coordinata dalla Dda di Palermo, svelò un giro di mazzette alla Regione siciliana finalizzate ad agevolazioni nelle pratiche relative agli investimenti nelle energie rinnovabili. Per questo procedimento Nicastri ha patteggiato una condanna a 2 anni e 8 mesi, mentre Arata è ancora sotto processo.

Secondo l’accusa, i Nicastri avrebbero messo le loro aziende a disposizione per gli affari sporchi dei boss trapanesi che erano già riusciti ad aggiudicarsi all’asta una tenuta di Giuseppa Salvo ed avevano messo gli occhi sulle proprietà del marito, Antonio Maria Salvo, nipote di Ignazio, l’esattore mafioso di Salemi. Una delle proprietà di maggior valore era una tenuta di sessanta ettari in contrada Pionica, a Santa Ninfa, coltivata a vigneto. Nel maggio 2012 è stata comprata dai Nicastri all’asta per 138 mila euro. Pochi mesi dopo raggiunsero un accordo per rivendere i terreni, ad un prezzo molto più alto.

Sui terreni pendeva, però, una richiesta di autorizzazione all’espianto dei vigneti presentata da Giuseppa Salvo alla Regione. La donna voleva vendere i successivi diritti di reimpianto (circa 10 mila euro ad ettaro), per ripianare parte dei debiti. Se il progetto della donna fosse andato in porto sui terreni non sarebbe stato più possibile richiedere i finanziamenti comunitari previsti per la ristrutturazione delle superfici a vigneto.

Secondo l’accusa, che non ha retto, Cosa Nostra si sarebbe attivata per costringerla a ritirare la richiesta di espianto. In particolare, si sarebbe attivato Michele Gucciardi, al vertice della famiglia mafiosa di Salemi, con la complicità dell’agronomo Leone. La difesa ha sempre smentito tale ricostruzione. Ora la nuova assoluzione.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI