Un vero e proprio ciclone, in grado di sovvertire tutti gli equilibri precedenti nel mandamento Cruillas Noce di Palermo e pretendere obbedienza a tutti i livelli, dal più insignificante dei picciotti ai commercianti, fino agli imprenditori più noti. Tutti, a tappeto, dovevano pagare il pizzo.
La strategia
La strategia del quarantasettenne Giancarlo Carmelo Seidita, un vecchio appartenente a Cosa Nostra già condannato per mafia in via definitiva – il capo dell’Intero Mandamento, dal titolo dell’operazione coordinata dalla Dda di Palermo, in cui lo hanno arrestato gli uomini della squadra mobile di Palermo e dello Sco, il servizio centrale operativo della polizia – sarebbe stata perentoria: tutti dovevano sottostare alle sue strategie.
I precedenti: la vicinanza con i Lo Piccolo
Seidita fu arrestato nel 2008 per associazione mafiosa. Già allora fu accusato e ritenuto colpevole di aver capeggiato il mandamento Cruillas-Noce. La sua colpevolezza per i fatti di quindici anni fa è una verità processuale già accertata, dato che lo si afferma in una sentenza irrevocabile dal 2012. IL VIDEO DEL BLITZ
Uscì dal carcere 4 anni fa
Una volta uscito dal carcere, quattro anni fa, così, non avrebbe certo avuto bisogno di fare la gavetta, lui che tre lustri orsono venne imposto, a capo mandamento, da Calogero e Sandro Lo Piccolo, di cui fu uno dei più fedeli alleati. Sarebbero stati sempre i Lo Piccolo a “combinarlo”, a farlo entrare all’interno di Cosa Nostra. Un pedigree di tutto rispetto, insomma, per un mafioso giovane. Nel 2008 aveva poco più di 33 anni, ma che, c’è da credere, è stato sempre ritenuto “promettente” da chi ha gestito il reclutamento mafioso.
Riunioni peripatetiche all’aria aperta
Una volta uscito dal carcere, in realtà, Seidita avrebbe provato a non cadere nuovamente nella rete delle forze dell’ordine. E lo avrebbe fatto promuovendo e imponendo ai suoi un codice comportamentale – il gip Alfredo Montalto lo definisce un vero e proprio “protocollo di sicurezza” – che prevedeva norme inderogabili, che sembrano le regole del Fight club.
Le regole
Prima regola: quando si parla, niente telefonini vicino. Seconda regola: riunioni per strada, peripatetiche, ammesso e non concesso che questo accorgimento fosse sufficiente a eludere i controlli. E in questo caso, a ben vedere, si direbbe che il protocollo di sicurezza avrebbe fatto cilecca.
Uomini di fiducia nei posti chiave
Una delle regole assolute era che nei posti chiave sedessero (si fa per dire) uomini di sua fiducia. Come Guglielmo Ficarra e Giovanni Giordano. Per la polizia, che ha condotto le indagini dirette dalla Dda di Palermo, Seidita sarebbe stato il capo del mandamento di Cruillas-Noce e avrebbe assunto anche il ruolo di capo della famiglia di Cruillas, mettendo a capo della famiglia della Noce Ficarra e nominando come proprio braccio destro Giordano.
La nomina indigesta
Una nomina, quest’ultima, che, secondo l’ordinanza – del gip Montalto, un documento di 310 pagine che ha mandato in carcere 8 persone e una ai domiciliari – sarebbe stata indigesta ad alcuni. Ovvero coloro che ritenevano di aver assunto, all’interno del mandamento, un ruolo chiave. Uno di questi mafiosi ridimensionati, in particolare, si lamenta in maniera piuttosto vivace, nel corso delle intercettazioni, facendo capire che avrebbe chiesto l’intervento di un vecchio boss che chiama “zio” per far comprendere a Seidita la sua importanza; anche se poi, trovandosi al cospetto del nuovo presunto capo, avrebbe finito per cedere senza ribellarsi.
Il censimento delle attività commerciali
Organizzato il clan, Seidita avrebbe tentato di organizzare gli affari, dando mandato a un uomo di fiducia del mandamento di procedere a una sorta di censimento delle attività commerciali della zona. Una richiesta che viene accolta con non poche riserve da parte di quest’ultimo, preoccupato della scelta di chiedere il pizzo anche ad attività che a stento riescono a tenere aperto il locale: “…che li chiami e a malapena possono mettere la pignata…”.