PALERMO – L’epicentro è stato a Roma, ma le scosse di terremoto all’interno del Partito Democratico adesso cominciano a farsi sentire anche a livello locale. La scissione di Matteo Renzi, l’ex premier che ha detto addio alla “ditta” per fondare Italia Viva, ha provocato una profonda lacerazione all’interno dei democratici che, dopo la fuoriuscita di una quarantina di parlamentari nazionali, adesso guardano agli enti locali per capire il “peso” del nuovo ma scomodo alleato di governo.
Una partita che si intreccia con le tornate amministrative di questo autunno e della prossima primavera, ma che a Palermo ha un sapore tutto particolare. Nel capoluogo siciliano c’è infatti una “anomalia” chiamata Leoluca Orlando: il Professore ha sì la tessera del Pd, ma finora si è tenuto ben lontano dalle vicende di un partito che nell’Isola ha vissuto una stagione congressuale travagliata e culminata con l’addio di Davide Faraone, ben prima della nascita del nuovo movimento renziano.
Il primo cittadino non ha preso parte né alle primarie nazionali né a quelle regionali (comunque annullate), evitando di schierarsi con le singole correnti che pure contano big palermitani del calibro di Giuseppe Lupo, Antonello Cracolici e (l’ormai ex) Faraone. Ma la nascita del Conte bis sembra aver riacceso l’interesse del fondatore della Rete per il Pd, visto più volte nella Capitale per incontrare, insieme a sindaci e governatori dem, il segretario Zingaretti. Un ritrovato feeling a cui molti danno però un significato preciso: Orlando cerca sponde romane non tanto per ritagliarsi un ruolo nel partito, quanto per riallacciare un filo diretto col governo nazionale di cui ha bisogno per la città.
Un’apertura che però non si ripete a livello locale dove, stando ai ben informati, il Professore non concede chissà quali margini ai democratici o, quantomeno, non intrattiene col Pd alcun rapporto privilegiato. Basti pensare che finora è confermata la sua presenza alla scuola politica di Terrasini organizzata da Faraone e a cui, si dice, interverrà anche Renzi in persona. Così come non sembra che il prossimo rimpasto, pensato per allargare la giunta da otto a 11 componenti, lasci margini di manovra ai partiti, con il Pd guidato dal commissario Alberto Losacco che non fa eccezione.
Una situazione resa ancor più incandescente dal fatto che i due posti in quota dem, ossia l’assessore al Bilancio e il presidente di Rap, continuano a essere occupati da due faraoniani come Roberto D’Agostino e Giuseppe Norata, pedine che il sindaco non sembra minimamente intenzionato a cambiare (con Norata addirittura confermato, nonostante il nuovo cda).
Tutto qui? No, perché anche a Sala delle Lapidi il partito ribolle. Su cinque consiglieri, tre sono da sempre considerati vicini a Faraone, ossia il capogruppo Dario Chinnici, Francesco Bertolino (fedelissimo del Professore) e Carlo Di Pisa, mentre in minoranza si ritrovano Giovanni Lo Cascio (in quota Lupo) e Rosario Arcoleo (area Cracolici). La scissione di Renzi ha riacceso vecchi rancori e nemmeno la riunione della scorsa settimana col commissario regionale sembra aver calmato le acque.
Tanto che Lo Cascio e Arcoleo danno fuoco alle polveri e si dicono pronti a preparare un documento ufficiale che chiederanno a tutti di sottoscrivere. “Il nuovo corso di Zingaretti ha cambiato la fisionomia del Pd – dice Lo Cascio – e dato il via a una fase più plurale e partecipata, l’esatto contrario di quanto succedeva con Renzi. Oggi ripartiamo dai territori, dagli iscritti e dai circoli ma a Palermo viviamo sicuramente una situazione imbarazzante anche per le scelte del sindaco Orlando. Scelte che non abbiamo condiviso nei mesi scorsi e che oggi richiedono un gesto di chiarezza politica, così come ci auguriamo che tutto il gruppo consiliare resti nel Pd rispettando il mandato degli elettori”. “Io resto nel Pd senza se e senza ma – dice Arcoleo – ma serve chiarezza. Per questo tutti i dirigenti del partito e gli eletti devono dire in modo netto e chiaro cosa faranno, senza ambiguità. Chi resta nel silenzio e non fa chiarezza rimane ambiguo e il Pd non può investire su uomini che potrebbero minare il progetto riformista messo in campo da Zingaretti. Il partito non è un autobus”.
Riferimenti neanche troppo velati agli altri tre consiglieri che però fanno muro, mentre restano in silenzio Orlando e il vice Fabio Giambrone. “Il compito del Partito Democratico a Palermo è di offrire al sindaco e all’amministrazione un contributo di idee e progetti per continuare il percorso di cambiamento della città e rilanciare sempre più le politiche legate al sociale e ai più deboli – dicono Chinnici, Bertolino e Di Pisa – I palermitani hanno bisogno di risposte ai problemi e certamente non sono interessati a estenuanti dibattiti riguardanti beghe di corrente o all’ennesima discussione sulle poltrone che non rappresentano una priorità. Se qualcuno desidera perdere tempo su questo, non siamo interessati. Restiamo concentrati sulla città e restiamo a fianco del sindaco Orlando”.
Il partito assomiglia sempre di più a una pentola a pressione, visto che poi le correnti contano rappresentanti a vari livelli, dalle circoscrizioni al Parlamento. “Sono esterrefatto nell’assistere al dibattito che gli uomini di Lupo e Cracolici portano avanti – attacca Antonio Rubino, portavoce dell’area NewDeal che fa riferimento a Fausto Raciti – Evidentemente sono infastiditi dal fatto che alcuni di noi hanno deciso di rimanere nel Pd. Non vedo alcuna ragione per alimentare l’ennesimo scontro interno, sul capogruppo in consiglio, sull’assessore e su altri ragionamenti di ‘poltrone’. È comprensibile il travaglio politico e umano di tanti amici e compagni e a mio avviso il Pd palermitano ha il dovere di trattenerli, rassicurarli e non spingerli fuori. Nei prossimi mesi si deve ricostruire il partito, aprire il tesseramento e riorganizzare la presenza nei territori perché l’orologio scorre e la distanza che ci separa dalle prossime elezioni a Palermo si accorcia. Spero che il commissario Lo Sacco metta ordine e spieghi ai due consiglieri che la logica del ‘meno siamo meglio è’ ci porterà a sbattere”.
Uno scontro tra le varie anime del partito destinato addirittura ad acuirsi con l’avvio del tesseramento e della stagione congressuale che vedrà, ancora una volta, Orlando alla finestra.