PALERMO – Due sconti di pena e un’assoluzione assolto sono le uniche novità al processo d’appello sui telefonini usati dai detenuti nel carcere Ucciardone di Palermo.
Le condanne confermate sono quelle inflitte a Giuseppe Scafidi, agente della polizia penitenziaria, 3 anni, e James Burgio 2 anni. Sconti di pena per Rosario Di Fiore 5 anni e 6 mesi (ne aveva avuti 6) e Fabrizio Tre Re 7 anni e 4 mesi (ne aveva avuti 8) Tre Re era, oltre che per corruzione, era anche imputato per avere organizzato un traffico di droga dalla sua cella grazie al telefonino.
L’unica assolta è Teresa Altieri condannata in primo grado a 4 anni. I suoi legali, gli avvocati Alberto Raffadale e Pierfrancesco Cascio, hanno fatto emergere che non era stata lei a corrompere l’agente della penitenziaria per fare entrare il telefonino in carcere. Durante un colloquio con il marito parlava sì di un cellulare, ma del figlio.
Il blitz del Nucleo della polizia penitenziaria dell’ottobre 2020 partì da una soffiata. Giusto in tempo per contestare agli imputati il nuovo articolo 391 ter del codice penale. L’introduzione e l’utilizzo in carcere di un telefonino prima era punito al massimo con qualche giorno di isolamento.
I telefonini nascosti dentro le patate
I micro cellulari venivano lanciati dall’esterno del vecchio penitenziario dopo averli inseriti dentro le patata per evitare che si rompessero. Poi durante l’ora d’aria qualcuno li recuperava e li consegnava a un altro detenuto, un cosiddetto “spesino” così chiamato perché porta il cibo nelle celle.
Gli affari della droga gestiti dalla cella
La sera del 25 agosto Tre Re, condannato in appello per l’omicidio di Andrea Cusimano fra le bancarelle del Capo, accese il telefono e compose il numero di James Burgio: “Cinque chili vuole?”, chiedeva Tre Re. “No, cinque panetti, oppure dieci, mezzo chilo un chilo, se il prezzo è buono me la fai trovare a quattro gliene faccio prendere tre chili tutti con i soldi in mano”.