CATANIA – Mentre a Pantano d’Arci regnano rifiuti, degrado e incuria le imprese sono costrette a pagare una tassa sui rifiuti tra le più elevate d’Italia. A nulla è valso il grido d’allarme lanciato da Confindustria Catania all’amministrazione comunale per denunciare l’iniquità della tassa.
In un documento sottoposto all’attenzione dell’assessore comunale all’Ambiente Rosario D’Agata nel marzo scorso, l’associazione degli industriali etnea aveva infatti espresso il disagio delle aziende costrette a subire una tassazione ingiustificata a fronte di un servizio di nettezza urbana del tutto carente. Nell’arco di un triennio – avevano rilevato gli imprenditori- l’aliquota ordinaria del tributo nel territorio è aumentata del 20% passando dal 7,80 (Tarsu 2011) al 9,40 (Tari 2014) regalando a Catania il primato di città con tassazione tra le più elevate del Paese: tripla rispetto a Palermo e quasi cinque volte superiore a quella pagata dalle imprese di Segrate.
Purtroppo, ad oggi – sottolineano gli imprenditori – nonostante l’impegno assunto dall’amministrazione comunale a venire incontro alle esigenze delle attività produttive, rileviamo con rammarico che nessun passo avanti è stato fatto per individuare un percorso condiviso, capace di assicurare un servizio di raccolta dei rifiuti efficace ed economicamente sostenibile, degno di un territorio che aspira a fare da traino – per il momento solo sulla carta – al grande distretto produttivo del Sud-Est dell’isola. Né – concludono gli imprenditori – alcun segnale concreto è ancora giunto rispetto all’istituzione, più volte sollecitata, di un tavolo tecnico tra le istituzioni locali, necessario ad avviare immediatamente la riqualificazione dell’agglomerato industriale di Pantano d’Arci, il più grande del Mezzogiorno per estensione, con 250 imprese e 10 mila occupati. Non interventi tampone, insomma, come quelli realizzati fino ad oggi, ma una programmazione strategica capace di garantire la permanenza e lo sviluppo delle attività produttive nel territorio.