PATERNO’. Una città che si è risvegliata incredula. Paternò è sotto choc tramortita dal dramma di ieri pomeriggio. Con un urlo strozzato in gola: quello di una rabbia che si mescola alla disperazione. Ma anche alla speranza. Quella che Marco nonostante tutto possa farcela. Le sue condizioni restano, però, disperate ed il ricovero all’ospedale Cervello di Palermo è giunto al termine di nove ore passate sotto i ferri del Cannizzaro di Catania. I medici hanno fatto tutto il possibile ma le ustioni di terzo grado riportate sul 95% del corpo lasciano poco spazio a qualsiasi commento o interpretazione. Suo cugino 36enne, col quale da due mesi divideva uno stabile in via Varese, lo ha atteso sull’uscio di casa e poi lo ha investito con un secchio stracolmo di litri di benzina: infine, gli ha dato fuoco. Tutto, apparentemente, senza un alcun motivo. “Mi disturbava”, avrebbe confessato come se nulla fosse accaduto. Anche lui è terminato al Cannizzaro per via delle ustioni riportate alle mani: è accusato di tentato omicidio e finirà in galera. Per il momento, è piantonato in ospedale dai carabinieri.
Marco Castro, 25 anni appena, è conosciuto da tutti come un ragazzo pieno di vita: una promessa del calcio, attaccato alla maglia della sua città. Quel Paternò che lo ha fatto conoscere nel panorama del calcio siciliano. E l’amarezza di chi lo conosceva è devastante. “Non è possibile”, è il commento di tutti. Già. “Non è possibile”: una incredulità che rimbomba come un incubo per le vie ed i luoghi della città.
E, poi, c’è il racconto dei testimoni oculari. Di chi ha soccorso per primo Marco: avvolto dalle fiamme, la nonna paterna che abita accanto, a pian terreno, ha fatto di tutto per sedare quel fuoco che non si riusciva più ad arrestare. Poi, i vicini: ancora paralizzati nel raccontare l’accaduto. Momenti interminabili e disperati, rivissuti con le lacrime agli occhi. Paternò è dilaniata e ferita. Per un dramma che derubricare “della follia”, in rispetto di Marco, non avrebbe alcun senso.