“L’Italia ha bisogno di questo governo. E se nascerà, Cinquestelle e Pd potranno essere più uniti, più coesi anche all’Ars”. Il capogruppo Dem a Palazzo dei Normanni, Giuseppe Lupo, osserva i passi faticosi che dovrebbero condurre alla nascita del “Conte bis”, brinda all’unità per certi versi sorprendente del suo partito e promette battaglia nei confronti di un “governo Musumeci che ha fatto precipitare la Sicilia”.
Intanto, sono ore caldissime. Conte ha ricevuto l’incarico per formare il nuovo governo, ma non mancano i dubbi e le tensioni. Lei è convinto che il Pd faccia bene a dare vita a questa esperienza?
“Io condivido la scelta del nostro segretario Zingaretti. Se nascerà, dovrà essere un governo di svolta per il bene del Paese. E devo dire che già i primi risultati si vedono, prima ancora che il governo nasca effettivamente: l’Italia ha più credibilità in campo internazionale, scende lo spread, cresce la fiducia dei mercati”.
Ma dai Cinquestelle non sembrano arrivare segnali molto distensivi in queste ore.
“Mi auguro che anche il Movimento ritrovi la propria unità interna e che Luigi Di Maio sia coerente: sarebbe paradossale che dopo aver indicato Conte, decidesse di non sostenerlo”.
Se dovesse nascere, però, secondo lei riuscirà a reggere alle evidenti differenze tra due partiti che fino a ieri se ne sono dette di tutti i colori?
“Sono ottimista: ma va ricercato il dialogo, il confronto. Ognuno dei protagonisti deve sacrificare qualcosa per il bene comune, cioè il bene dell’Italia”.
Eppure, oggi sembrano tante le cose che ancora vi dividono. Qual è il terreno comune sul quale può realizzarsi una alleanza solida?
“In realtà, a fronte di molte differenze, ci sono alcuni interessi comuni come ad esempio quello che riguarda l’ambiente. Serve un programma per lo sviluppo ecosostenibile e noi ci siamo. C’è anche poi il tema dell’acqua pubblica: qui in Sicilia la portiamo avanti addirittura dal 2008. Adesso cambia la visuale”.
In che senso?
“Finora, essendo su fronti contrapposti abbiamo esaltato, giustamente, ciò che ci divideva. E le distanze ci sono, non lo nascondo. Ma ora dobbiamo sforzarci di valorizzare ciò che ci unisce”.
Accennava alla Sicilia. Spostiamoci nell’Isola: cosa significherebbe un governo giallorosso in carica, quando all’Ars M5s e Pd si trovano entrambi all’opposizione?
“Credo che si possa portare avanti un’azione di opposizione più coesa a questo governo Musumeci che ha fatto precipitare la Sicilia in un buco nero, nell’oblio. Questo è un non governo. Ma credo ci siano i margini per non limitarsi solo all’opposizione”.
Cioè?
“Si dovrà ragionare sulla possibilità di costruire anche un’alternativa alla destra. La svolta vera sarà questa. Bisogna capire, insomma, se si può iniziare a discutere di un progetto comune a partire dai territori. Non penso sia possibile già alle Regionali di autunno in Umbria, Emilia e in altre Regioni. Ma già in alcuni comuni potremmo portare avanti un dialogo, per il bene della comunità locale”.
L’ambiente e l’acqua pubblica. Ci sono altri elementi che possono consolidare questa alleanza?
“Direi di sì: c’è il tema del Sud presente nell’agenda programmatica di Di Maio, ma anche di Zingaretti e che ha avuto l’approvazione della nostra direzione. E c’è l’Europa: non a caso un primo segnale di rottura del governo gialloverde è stata l’elezione di David Sassoli alla presidenza del Parlamento europeo, poi il contributo decisivo all’elezione di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. Scelte politiche che hanno qualificato il Movimento cinque stelle e che hanno certamente innescato la scelta di Salvini di rompere, visto che l’obiettivo del leader della Lega era l’Italexit”.
E ha rotto davvero, anche se c’è stato poi qualche ripensamento…
“Sì, ma ha peccato di presunzione. La partita dura 90 minuti e in Italia si vota ogni cinque anni. Funziona così”.
Così siete arrivati voi. A sorpresa, persino uniti – tranne qualche defezione – sulla scelta di appoggiare questo governo. Ma è vera unità? O siete arrivati alla stessa conclusione puntando però a obiettivi diversi? Penso all’area renziana che in caso di voto avrebbe perso molti parlamentari.
“Intanto partirei dal voto quasi all’unanimità giunto dalla direzione nazionale del partito e che ha dato forza al segretario Zingaretti. Un fatto importante, che Romano Prodi ha definito quasi miracoloso. Forse i ragionamenti saranno stati diversi all’interno del partito, ma credo che a prevalere sia stato il bene del Paese, di questa Italia sprofondata in un mare di guai, basti guardare gli ultimi dati sull’occupazione e i rischi di aumento dell’Iva e quindi della recessione”.
Al di là dell’unità, però, non sono mancate le voci critiche. Anche qui, su LiveSicilia, il suo compagno di partito e da tanti anni collega all’Ars Antonello Craolici ha messo in luce contraddizioni e rischi.
“Cracolici ama usare spesso una battuta. Dice che ‘non bisogna essere nemici della contentezza’. Ecco, io credo che in questo caso dovrebbe essere lui a mettere in pratica questo consiglio. Del resto, anche lui alla fine ha votato per il nuovo governo”.
E Faraone? Aveva denunciato di essere stato ‘commissariato’ perché avrebbe ostacolato il progetto di governo Pd-M5s. E adesso che ne è uno degli sponsor?
“Faraone sa e sapeva bene che il motivo del commissariamento non aveva niente a che vedere con i Cinquestelle. Del resto, le istruttorie e le audizioni della Commissione di garanzia del Pd sulle primarie erano partite diversi mesi prima. Comunque, Renzi ha voluto con forza questo governo con i grillini. Se Faraone fa ancora parte dell’area renziana, è d’accordo anche lui. E poi, mi faccia dire una cosa…”.
Prego.
“Con tutto il rispetto, non credo che Zingaretti avrebbe mai visto nella posizione locale di Faraone un ostacolo concreto all’eventuale ipotesi di formare un governo. Penso comunque che Faraone abbia detto quelle cose in buona fede. E io gli ho chiesto di revocare la sua autosospensione dal partito. Ma non l’ha ancora fatto. Glielo chiedo di nuovo, in questa occasione”.
Eppure, è uno dei rischi ‘pronosticati’ da Cracolici, si continua a parlare di una possibile scissione e della nascita di un partito di Renzi.
“Sinceramente non la vedo all’orizzonte. Non ne vedo la ragione politica. Del resto, tutte le scissioni finiscono male. Non ricordo una scissione nel centrosinistra che abbia fatto del bene a chi ha voluto la scissione e al centrosinistra stesso”.
Insomma, tra dieci giorni, quando si tornerà a Sala d’Ercole, ci potrebbe essere una opposizione più coesa, diceva, formata dai due partiti che governano l’Italia. Su cosa punterete nella vostra critica al governo Musumeci?
“Gli argomenti non mancano. Tornerà in Aula un collegato che è il simbolo del fallimento: la volontà di approvare una Finanziaria entro il 31 gennaio rimandando tutto agli altri collegati ci ha fatto bruciare un anno. Le riforme poi sono al palo. Anche le poche approvate non sono mai state attuate. Vuole un esempio?”.
Prego.
“La riforma sulla semplificazione amministrativa. Chieda ai siciliani, provi a trovarne uno che si è accorto di questa riforma, che ha avuto qualche vantaggio. Anche le riforme che abbiamo contribuito ad approvare, come quelle sulla pesca o il diritto allo studio non decollano a causa dell’inefficienza del governo. E ancora: siamo senza un Def, è stato trovato un nuovo buco di bilancio che si vuole riempire con nuovi tagli ai quali ci opporremo, il bilancio non è ancora parificato per le incertezze del governo regionale”.
Il governo ha solidi elementi per replicare di avere ricevuto una pesante eredità dal governo precedente, a guida Pd.
“Musumeci invece di governare, dopo quasi due anni, continua a fare opposizione a Crocetta. La responsabilità del buco di bilancio, però è dei suoi amici che hanno governato prima di Crocetta. Semmai, ci sono alcune dichiarazioni del governatore che mi hanno indignato”.
Quali?
“Intanto quelle rivolte ai forestali in occasione degli incendi. Semmai chiedo al governatore: che fine ha fatto la riforma della Forestale? Serviva solo per la campagna elettorale? E poi ci sono le ultime…”.
A quali si riferisce?
“Quelle rivolte al Pd sul Mezzogiorno. Proprio lui dice quelle cose, lui che confermando di avere intuito politico ha sacrificato la Sicilia a Salvini”.
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