Partito democratico, Iacono: "In Sicilia più sintonia con Schlein"

Pd, Iacono: “In Sicilia più sintonia con Roma. Agrigento? No fantapolitica”

Parla la deputata nazionale agrigentina che affronta i nodi del congresso e delle elezioni provinciali
L'INTERVISTA
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PALERMO – Sì al “dibattito costruttivo” ma “no allo scontro perenne” nel Partito democratico siciliano che si appresta al congresso regionale, il giudizio sull’attuale segretario Anthony Barbagallo che “può guidare la nuova fase e infine il caso Agrigento, dove i Dem starebbero dialogando con pezzi del centrodestra per le Provinciali: stop ad accordi “un po’ avventurosi e da fantapolitica”. Giovanna Iacono, deputata agrigentina vicina a Elly Schlein, guarda in questi termini al momento delicato in casa Dem Sicilia.

Lei è agrigentina, partiamo dall’attualità. Agrigento capitale della cultura sta facendo parlare più per le defaillance che per i risultati. Nei giorni scorsi si è dimesso anche Albergoni. Che sta succedendo?
“Agrigento ha ottenuto un riconoscimento straordinario con il titolo di Capitale Italiana della Cultura 2025, un’opportunità irripetibile per il rilancio turistico, economico e sociale della città e dell’intero territorio. Tuttavia, è innegabile che negli ultimi mesi si siano verificati errori gestionali e organizzativi che rischiano di compromettere il potenziale di questo evento. Le dimissioni di Albergoni, figura chiave per la pianificazione e la realizzazione del progetto, rappresentano l’ennesimo segnale di criticità che non possono essere ignorate. La sensazione è che stiamo buttando via una grande opportunità. Sta emergendo una impreparazione e probabilmente tutta l’inadeguatezza delle classi dirigenti agrigentine e siciliane. Ad oggi di Agrigento capitale della cultura si è parlato più per i grossolani errori che per l’offerta culturale. Come ho detto qualche giorno fa intervenendo alla Camera, su questa questione serviva e serve più amore e rispetto per Agrigento e non una continua lite per posti di potere e interessi specifici e di parte”.

Agrigento Capitale, al di là delle dimissioni di Albergoni, può ancora salvarsi?
“Da agrigentina, sono profondamente convinta che la nostra città abbia tutte le carte in regola per sfruttare al meglio questa occasione. Tuttavia, serve uno sforzo collettivo da parte delle istituzioni, delle forze economiche e sociali e della cittadinanza per evitare che questa diventi un’occasione mancata. Il tempo per rimediare comincia a scarseggiare, ma io voglio ancora sperare. Il sindaco di Agrigento e il presidente Schifani guardino a quello che hanno davanti agli occhi e che hanno colpevolmente messo ai margini: realtà associative e istituti culturali, registi, scrittori, artisti, intellettuali, uomini e donne di cultura ad Agrigento e in provincia ce ne sono tanti. Scelgano tra questi”.

Alla fine sembra che il 27 aprile si voterà per le ex Province. Il nostro giornale ha raccolto rumors di un possibile accordo trasversale sulla provincia di Agrigento. Come stanno le cose?
“Il ritorno al voto per le ex Province segna una tappa importante dopo anni di incertezze e commissariamenti da parte del centrodestra. In questi anni con Musumeci e Schifani si sono privati i territori di una governance stabile ed efficace. Tuttavia, il modello scelto, con elezioni di secondo livello riservate agli amministratori locali e non ai cittadini, continua a rappresentare un limite alla piena democraticità di questo processo. Ed è innegabile.

Fin qui le Province, ma le intese trasversali del Pd?
“Per quanto riguarda Agrigento, comprendo che possano circolare voci su possibili accordi trasversali tra diverse forze politiche. Tuttavia, è fondamentale che qualsiasi intesa politica abbia come unico obiettivo il benessere del territorio e non sia frutto di logiche di potere o di spartizione. Il Partito democratico ha sempre sostenuto un metodo di confronto chiaro e trasparente, basato su programmi e priorità per il rilancio della provincia. Stiamo provando a costruire un progetto di governo credibile e vincente. Altre opzioni, un po’ avventurose, appartengono alla fantapolitica. Il Pd si muove nell’interesse di far rinascere una provincia che è ultima in tutto. Agrigento ha bisogno di un governo forte, capace di affrontare temi fondamentali come le infrastrutture, la viabilità, il contrasto allo spopolamento e il sostegno alle imprese e al turismo. Gli accordi dovranno partire da questo e non sul tatticismo e le convenienze di questo o di quel dirigente politico o gruppo di potere”.

Il Pd siciliano appare litigioso e il congresso che sta per arrivare sembra vivere di forti scontri.
“Il Partito democratico è un partito grande, plurale, con una base ampia e sensibilità politiche diverse. È normale che nei momenti congressuali emergano confronti accesi, perché è proprio nei congressi che si definiscono le linee politiche e la leadership del partito. Tuttavia, è fondamentale che il dibattito sia costruttivo e non si trasformi in uno scontro perenne. La Sicilia ha bisogno di un Pd forte, unito e capace di essere riferimento per i cittadini, soprattutto in una fase in cui la destra al governo della Regione non sta dando risposte adeguate ai problemi della nostra terra”.

Cosa ci si deve aspettare da questo congresso regionale?
“Il prossimo congresso deve essere un’occasione per rilanciare il partito, rafforzare il radicamento territoriale e costruire una proposta politica chiara per la Sicilia. Non può essere piegato solo alla scelta di un gruppo dirigente o, peggio, al mantenimento di una palude in cui risulta impossibile far visibilità ai temi prioritari del Pd. Abbiamo scelto di dare parola ai nostri iscritti ed alle nostre iscritte, di rifuggire dalle logiche degli accomodamenti e dalle decisioni prese sulla testa del corpo del partito in qualche riunione di dirigenti e deputati. Quando abbiamo fatto il congresso nazionale, il Pd era dato per prossimo alla fine, ma quel congresso e la vittoria di Elly Schlein, che ho sostenuto fin dalla prima ora, ci hanno rimesso in pista e consentito di recuperare il ruolo centrale nell’opposizione e nella costruzione dell’alternativa. Dobbiamo fare lo stesso sfruttando la grande occasione del congresso siciliano”.

Lei ha citato Schlein, perché l’entusiasmo suscitato dall’attuale segreteria fatica ad emergere in Sicilia?
Elly Schlein ha portato una nuova energia nel Pd nazionale, puntando su temi fondamentali come il lavoro, i diritti sociali e civili, la lotta alla precarietà e la giustizia ambientale. Tuttavia, in Sicilia, questo entusiasmo fatica a tradursi in un consenso diffuso. Le ragioni sono molteplici. Da un lato, il Pd siciliano ha vissuto negli ultimi anni una fase di frammentazione interna che ha reso difficile il radicamento delle nuove leadership. Dall’altro, la nostra regione ha specificità che richiedono risposte concrete e immediate: la crisi economica, la disoccupazione giovanile, il precariato diffuso, la carenza di infrastrutture, la crisi del settore agricolo e il rischio di spopolamento”.

Qual è la ricetta allora per il Pd siciliano?
“Se vogliamo che il vento di cambiamento portato da Elly Schlein arrivi anche in Sicilia, dobbiamo lavorare con più forza sul territorio parlando con le persone, ascoltando le loro esigenze e trasformando le idee in soluzioni reali. Il Pd deve dimostrare che è vicino ai cittadini, che comprende i loro problemi e che ha la credibilità per risolverli. Abbiamo soprattutto bisogno di rendere il Pd anche in Sicilia più coerente con la linea politica nazionale, di recuperare una distonia tra quanto stiamo facendo a Roma e quanto produciamo nell’assemblea regionale e nei nostri territori”.

Che giudizio dà sul partito siciliano e sulla gestione Barbagallo?
“Sono stati anni difficili per il Pd siciliano, Barbagallo ha lavorato tra mille difficoltà ma è innegabile che abbia avviato un processo di rinnovamento del partito. Penso abbia lavorato bene e che possa, in un congresso che sia davvero di rigenerazione del Pd, guidare la nuova fase insieme con un gruppo dirigente largo e sintonizzato sulla linea nazionale e attento alle emergenze ed ai problemi della Sicilia”.

Lei è componente della commissione parlamentare di inchiesta sulle Condizioni del lavoro. La Sicilia ha dati preoccupanti su sicurezza e incidenti e meno di 12 mesi fa a Casteldaccia 5 lavoratori hanno perso la vita in una delle più gravi tragedie sul lavoro nella storia della regione. Ci dobbiamo rassegnare?
“No, rassegnarsi non è un’opzione. Ogni volta che un lavoratore perde la vita sul posto di lavoro, si consuma una tragedia che non può essere accettata come inevitabile. La Sicilia, purtroppo, ha numeri allarmanti in termini di incidenti e morti sul lavoro, e la tragedia di Casteldaccia è stata una delle più drammatiche degli ultimi anni”.

Cosa manca in Sicilia per ottenere maggiore sicurezza?
“Siamo impegnati nello scrivere la relazione parlamentare su Casteldaccia e altri eventi drammatici. Quello che emerge è che in Sicilia più che altrove ci troviamo davanti a carenti misure di sicurezza nei cantieri e nei luoghi di lavoro, controlli insufficienti e un numero inadeguato di ispettori del lavoro, alla formazione che spesso è inadeguata, e a un mercato del lavoro segnato da precarietà e irregolarità. Come componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni del lavoro, sto lavorando per portare all’attenzione del governo e del Parlamento la necessità di rafforzare i controlli, aumentare i fondi per la formazione sulla sicurezza e garantire che chi non rispetta le norme paghi un prezzo alto. Dobbiamo anche affrontare il problema del lavoro nero e irregolare, che spesso espone i lavoratori a rischi maggiori perché operano senza tutele. Serve un impegno congiunto di istituzioni, sindacati e imprese per costruire una cultura della sicurezza che non sia solo un obbligo burocratico, ma una priorità reale. Se vogliamo evitare altre tragedie come quella di Casteldaccia, dobbiamo cambiare mentalità e passare dalle parole ai fatti. Le vite dei lavoratori valgono più di qualsiasi profitto o interesse economico”.


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