Nuove nubi attorno al soglio pietrino. L’indagine sugli abusi pedofili nella diocesi di Monaco chiama in causa l’allora arcivescovo Joseph Ratzinger «per quattro casi» nel periodo nel suo episcopato in Baviera, dal 1977 al 1982.
Secondo un rapporto sul fenomeno e sul suo occultamento fra il 1945 e il 2019, almeno 497 persone avrebbero subito danni nell’ambito di abusi pedofili nell’arcidiocesi. Il testo è stato letto da Martin Pusch, esperto dello studio legale Westpfahl Spilker Wastl a cui la diocesi, un tempo guidata dal papa emerito, ha assegnato di svolgere le indagini.
«In quei casi quei sacerdoti hanno continuato il loro lavoro senza sanzioni. Ratzinger era informato dei fatti. La Chiesa non ha fatto nulla», ha detto l’avvocato Martin Pusch in una conferenza stampa a Monaco di Baviera.
Il Papa emerito, 94 anni, ha inviato una memoria difensiva di 82 pagine in cui smentisce ogni accusa. «Lui sostiene che non sapeva di certi fatti, anche se noi crediamo che non sia così, secondo quello che sappiamo», ha detto il legale.
Secondo il rapporto, nell’intero periodo considerato, a essere stati oggetto degli abusi sarebbero stati per lo più giovani vittime di sesso maschile, il 60% in età 8-14 anni. Coinvolti come presunti artefici almeno in 235, fra cui 173 preti, 9 diaconi, 5 referenti pastorali, 48 persone di ambito scolastico.
L’indagine è stata commissiona dalla diocesi e in particolare dal cardinale Reinhard Marx, uno degli uomini di punta della Chiesa, membro del Consiglio dei cardinali che affianca il Papa e coordinatore del Consiglio per l’Economia della Santa Sede. Al cardinale Marx, assente a presentazione del rapporto, sono stati attribuiti errori su due casi nel 2008.