Palermo, pestati dai mafiosi per rapine non autorizzate

Pestati dai mafiosi per delle rapine “non autorizzate” e ora condannati

Furono convocati in un magazzino al Villaggio Santa Rosalia

PALERMO – Sarebbero i componenti di una batteria di rapinatori che ad un certo punto commisero un errore imperdonabile. Furono massacrati di botte per dei colpi che avrebbero commesso senza l’autorizzazione dei mafiosi di Pagliarelli.

Ora tre dei quattro presunti rapinatori sono stati condannati dal giudice per l’udienza preliminare Antonella Consiglio. Assolto Giovanni Armanno (difeso dall’avvocato Alessandro Musso), mentre sono stati condannati Martino Merino, Davide Bonura (10 anni e 4 mesi ciascuno), Giacomo Liotti 8 anni.

Alessandro Musso, avvocato

Il 29 agosto 2019 fa due persone armate di coltello rapinarono il negozio di detersivi “Serena” in via Altofonte. Si portarono via 4.500 euro. Il 3 settembre un nuovo colpo: 2.800 euro di bottino.

Francesco Paolo Bagnasco, titolare dell’attività commerciale, avrebbe chiesto aiuto a Giovanni Caruso, braccio destro del boss di Pagliarelli Giuseppe Calvaruso. “Mi potresti fare una cortesia grande Giovà? Potresti salire cinque minuti ai Pagliarelli? Al negozio”, disse Bagnasco. Erano tutti intercettati nell’ambito dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia che avrebbe svelato il ritorno al potere del capomafia di Pagliarelli.

Partì la caccia all’uomo. Caruso guardava sul tablet i video delle rapine: “… già sta aprendo la cassaforte da sotto… si sono portati la cassaforte da sotto… non si sono portati quelli del cassetto… è nervoso guarda… guarda si alza gli occhi … sedici … diciassette … e guarda là sopra… l’hai visto qua?”

Il 4 settembre la svolta nelle ricerche. Caruso contattò Bagnasco. Aveva individuato gli autori dei colpi. Il 7 settembre il drammatico epilogo. Caruso chiamò Calvaruso: “Ma non scendi? Io sono sceso”. L’appuntamento era in un garage in via Piave. E avvertì pure Bagnasco: “Ci siamo fatti una corsa caricavo e scaricavo tutte cose però vieni… vieni… Francè”.

Cosa accadde in via Piave fu ricostruito dalle confidenze di Caruso alla moglie all’interno della sua Audi Q3: “… tu non ne sai niente di questo discorso ah che capace ti arriva a dire: ‘minchia è selvaggio… mi sono rilassato questa giornata mi sono dato una scarricata che tu non hai idea… appena è entrato… l’ho preso ci dissi: ‘cammina… cammina prima che diventi scolapasta… all’ospedale… è ricoverato… pure il polso mi duole”.

Calvaruso, Bagnasco e Silvestre Maniscalco sono stati condannati per lesioni in un altro processo, mentre era caduta la più grave ipotesi del sequestro di persona perché mancava la querela delle persone offese necessaria in virtù della riforma Cartabia.

I rapinatori non hanno confermato di essere stati convocati e picchiati per i colpi non autorizzati. Nel corso delle indagini gli investigatori hanno ricostruito altre sei rapine oltre a quelle ai danni dei negozi “Serena”.

Nel 2022 Il tribunale per le misure di prevenzione stabilì che l’impresa che gestiva i dieci punti vendita “Serena” non era mafiosa ma bisogna creare una “barriera” per evitare pericolosi punti di contatto con importanti uomini di Cosa Nostra. Ecco perché decise di mettere in amministrazione giudiziaria per un anno le società.

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