Mafia, l'assassinio di Pio La Torre e il Pci - Live Sicilia

Pio La Torre è morto perché fu lasciato solo dal Pci?

A quarant'anni dall'assassinio di via Li Muli

PALERMO – I quarant’anni dall’assassinio di Pio La Torre – e del suo autista Rosario Di Salvo – coincidono con il tempo in cui Walter Veltroni gira a Palermo un docufilm sulla vita e le opere del politico siciliano. Beh, chiamarlo politico è riduttivo; il segretario regionale del Pci Pio La Torre fu molto di più. Fu un uomo intelligente, onesto, coraggioso e amante generoso della sua Sicilia. E raccontarne in un film che dichiara l’ambizione di essere anche un documentario significa, come l’ottimo Veltroni sa bene, rievocare con fedeltà ciò che è documentabile ed essenziale. Senza sconti.

I tre killer mafiosi che il 30 aprile 1982 uccisero La Torre e Di Salvo furono condannati, ma i mandanti, al di là delle ipotesi di varia natura, sono rimasti ignoti. Furono i vertici di Cosa nostra per impedire che andasse avanti quel disegno di legge che invece, dopo alcuni mesi dall’omicidio, fu riesumato dal democristiano Virginio Rognoni e approvato divenendo la legge Rognoni-La Torre? Fu la solita Cia per le proteste per i missili americani in Sicilia? Fu la meno solita Gladio? Queste le ipotesi che, a seconda delle sensibilità e delle visceralità, hanno sopperito al vuoto giudiziario sui mandanti.

Documentabile ed essenziale per l’attuale iniziativa cinematografica di Veltroni è anche quell’attività di Pio La Torre che mise in subbuglio il Pci siciliano e che venne minuziosamente testimoniata in aula dalla “pasionaria” Maria Eleonora Fais, amica e compagna di partito di La Torre. Le sue parole processuali sono facilmente consultabili sul Giornale di Sicilia del 30 aprile 1991. Veltroni, se non le ha ancora lette, potrà trovarle sul web.

Ce le sintetizza Enrico Bellavia, su la Repubblica del 20.2.2016: “Maria Eleonora Fais depose al processo La Torre, raccontò delle diffidenze che circondavano l’operato del suo segretario, della sua ferma opposizione a un finanziamento dal Banco Ambrosiano, ricordò i giudizi taglienti sul presidente democristiano Mario D’Acquisto, parlò delle ostilità per l’opera di pulizia nel partito”.

L’opera di pulizia nel Partito comunista siciliano si concretò nella denunzia pubblica di Pio La Torre di una questione immorale: i rapporti tra alcuni appartenenti al suo partito, partecipi delle cooperative rosse, e la mafia. Certo, era uno sfregio, seppure morale e coraggioso, e le ostilità erano umanamente comprensibili. Ma Pio La Torre era un uomo onesto e possedeva il senso morale delle cose, al di là della convenienza umana e di parte.

E’ a questo punto che una domanda è ineludibile: ma Enrico Berlinguer che prima a Salerno – nella riunione straordinaria della direzione del partito, nel novembre dell’80 – e poi nella celeberrima intervista a Eugenio Scalfari su la Repubblica del 21 luglio ’81, aveva posto la questione morale dei partiti, intervenne? Qualcuno ricorda una mano tesa da Berlinguer a Pio La Torre per la sua denunzia di quella questione immorale interna? Io non ne ho un ricordo. Qualcuno ricorda se il segretario regionale del Pci, quindi, fu o meno lasciato solo con il suo coraggio? Se Veltroni non si priverà di documentare questa parte fondamentale della storia di La Torre, ha certamente le risorse mnemoniche o comunque cognitive per confermare o smentire.

I centomila presenti a piazza Castelnuovo per il funerale ricordano certamente le parole appassionate di Enrico Berlinguer e anche quelle immagini saranno un emozionante documento del film girato oggi. Un docufilm è una promessa di verità e Walter Veltroni ha la statura intellettuale che potrà garantirla.


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