"Non ho chiesto il pizzo allo chef Giunta": nuovo processo - Live Sicilia

“Non ho chiesto il pizzo allo chef Giunta”: nuovo processo

Accolta l'istanza di revisione. Ci sono altri 5 colpevoli

PALERMO – “È stato condannato un innocente”, avevano detto i legali. Ora avranno la possibilità di convincere i giudici.

La Corte di appello di Caltanissetta, presieduta da Maria Carmela Giannazzo, ha accolto l’istanza di revisione proposta dagli avvocati Giovanni Castronovo e Raffaele Bonsignore.

Riaperto il processo a carico di Giovanni Rao, condannato in via definitiva a 6 anni per l’estorsione ai danni dello chef Natale Giunta. Il reato fu commesso in concorso con altre cinque persone.

Il prossimo 25 maggio sarà sentito in aula il collaboratore di giustizia Alfredo Geraci.

“L’hanno scambiato”, disse Geraci. Tutto parte dalle indagini difensive dei legali di Rao. Scovano una conversazione, acquisita in un altro processo, in cui Geraci, parla con Giovanni Rao, imputato in un processo per droga e nipote dell’omonimo Rao coinvolto nell’estorsione a Natale Giunta.

Una conversazione anomala, viste le posizioni dei due interlocutori, nel corso della quale salta fuori il colpo di scena. I dettagli diventano noti il 30 settembre scorso quando Geraci, uomo del mandamento di Porta Nuova, viene convocato come testimone assistito al processo sulla gestione mafiosa dei buttafuori nei locali notturni.

Avv. Castronovo

Gli avvocati Castronovo e Bonsignore lo invitano a spiegare il senso della sua conversazione con Rao e Geraci spiega: “… allora io la mia collaborazione l’ho fatta e la continuerò a fare sempre da persona leale, io dico i colpevoli e chi non è colpevole, Giovanni Rao il grande si è fatto 6 anni di carcere, 6 anni di carcere da innocente perché io so chi è stato ad andare a fare la tentata estorsione a Natale Giunta, e lui non c’entra niente… io magari avrò detto questa cosa per fare capire che io bugie non ne dico, perché di solito noi collaboratori veniamo definiti infami, che diciamo solo infamità, e invece magari con questa parole gli ho detto, nel momento in cui usciranno delle dichiarazioni vedrai che io ho parlato anche di tuo zio che tuo zio non c’entra niente, punto e basta, non la dovevo dire è giusto non lo dovevo dire, però se gliel’ho detto è perché questa persona lo ribadisco e lo griderò forte, è innocente, è innocente non c’entra niente con la malavita organizzata”.

Avv. Bonsignore

Scambio di persona?

“L’ho detto e lo ribadisco, infatti come dico chi è colpevole dico pure chi è innocente – aggiunge Geraci – basta l’ho detto, è innocente, si è fatto 6 anni ingiustamente e ho detto pure chi è che era al posto di lui, che l’hanno scambiato”.

Rao è uno dei cinque estorsori condannati per l’ estorsione allo chef. Le richieste di denaro risalgono al 2012, quando Giunta gestiva la società di catering Ng Service. I taglieggiatori si fecero avanti, seguirono minacce alla vittima a cui fu consigliato di “mettersi a posto”.

“A posto… significa che praticamente qua dentro non verrà più nessuno – gli spiegavano – perché praticamente siamo d’accordo tutti… due a Pasqua più due a Natale ovvero… ma significa la pace però… la pace significa la pace assoluta … e ti levi questo pensiero …”.

Lo chef non si piegò neppure di fronte ad una sfilza di minacce e danneggiamenti. Si rivolse alla polizia, denunciò gli uomini del pizzo e li riconobbe uno per uno.

In particolare, Rao è colui che si presentò per primo nell’ufficio di Giunta, assieme ad Antonino Ciresi. Fruttivendolo del mercato Ballarò con piccoli precedenti per contrabbando di sigarette, parente di personaggi coinvolti in inchieste per mafia, contro di lui c’erano, oltre che il riconoscimento, anche le immagini di una telecamera e le intercettazioni.

I legali hanno sempre sostenuto che si sia trattato di un errore di persona. Nessuno ha mai fatto riferimento ai suoi occhi affetti da strabismo e al fatto che gli manca un dito in una mano. Particolari che sarebbero dovuti emergere quando veniva descritto.

Il giorno della prima sentenza di condanna Rao chiese di fare dichiarazioni spontanee: “Come devo fare per provare la mia innocenza? – chiese al collegio del Tribunale -… io sono sicuro al 100% che non ero da Giunta quel giorno. Questa è la prima volta che vedo il signor Giunta. Di questo reato non so niente”.

Appreso il verdetto ci fu il caos in tribunale. Esplose la collera dei parenti di Rao. Ora la revisione del processo.


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