CATANIA – Sono arrivati questa mattina a Catania i 105 migranti protagonisti di un’assurda diatriba di diritto internazionale che li ha visti, involontari, testimoni e succubi di una battaglia diplomatica combattuta a suon di fax e telefonate intercorse tra i centri di coordinamento per la sicurezza in mare (MRCC) di Spagna, Regno Unito e Italia. Vediamo di costruire le concitare e grottesche fasi di questo ennesimo salvataggio di persone in grave pericolo di vita operato dalle imbarcazioni delle ONG che da qualche anno operano in Mediterraneo con lo scopo di salvare vite umane. La scorsa domenica, 6 maggio, un gruppo di 105 persone, fuggite grazie ad una fatiscente imbarcazione dai campi di concentramento libici, vengono intercettate dagli operatori della ONG “Pro Activa Open Arms” in acque internazionali al largo delle coste libiche. Tutti i naufraghi vengono accolti a bordo della “Astral”, il veliero di 30 metri con cui i volontari della Open Arms pattugliano il Canale di Sicilia.
Da subito appare chiaro che le oltre cento persone che si trovano a bordo della “Astral” non possono convivere allungo in un’imbarcazione di soli 30 metri anche perché molti dei migranti si trovano in, drammaticamente, precarie condizioni di salute. I volontari di “Pro Activa Open Arms”, in considerazione del fatto che la “Astral” batte bandiera britannica, contattano il centro di coordinamento di Londra (UK-MRCC) chiedendo un rapido trasbordo dei migranti su una imbarcazione più grande e meglio attrezzata a far fronte alle numerose emergenze sanitarie presenti tra i naufraghi. Londra, accogliendo la richiesta della “Astral” contatta la nave “Aquarius” della “SOS Mediterranee”, che è dotata di una buona infermeria e sulla quale è sempre presente il team medico di MSF (Medici senza Frontiere), e le comunica di dirigersi verso la nave di “Pro Activa Open Arms” per dare assistenza ai naufraghi.
A questo punto, però, qualcosa si inceppa perché la “Aquarius” offre la propria disponibilità ad accogliere a bordo le 105 persone ma, in rispetto ai protocolli che le ONG hanno dovuto accettare di sottoscrivere lo scorso anno al fine di poter continuare la propria opera di soccorso di vite umane, chiede, prima di effettuare ogni ulteriore passo, che le venga rilasciata dalle autorità marittime competenti l’autorizzazione al trasbordo e successivamente l’assegnazione di un porto sicuro. Si innesca così un rimpallo di responsabilità tra le MRCC britannica e italiana. Infatti, da una parte Londra dice che è possibile effettuare il trasbordo e autorizza i comandanti delle due unità navali ad effettuare l’operazione mentre da Roma, che sarebbe competente per territorio in base agli accordi stipulati lo scorso anno con le autorità libiche, non arriva nulla.
Tutto questo rimpallo di responsabilità si ripercuote naturalmente sulle 105 persone tratte in salvo dalla “Astral” ma anche sui membri dell’equipaggio del piccolo veliero che devono, tutti insieme, convivere in condizioni igienico sanitarie precarie. Dopo oltre due giorni di rimpallo di responsabilità tra il MRCC italiano e quello di sua Maestà britannica e mentre le condizioni di salute di alcuni naufraghi peggioravano a vista d’occhio, per non parlare delle condizioni igieniche a bordo dell’imbarcazione a vela, finalmente nella notte tra lunedì e martedì scorsi arriva l’autorizzazione dell’MRCC di Roma al trasbordo dei naufraghi verso la “Aquarius”, che fino a quel momento non aveva potuto far altro che fungere da spettatore impotente di questa grottesca vicenda diplomatica. I naufragi vengono così presi in carico dall’equipaggio della “Aquarius” e il team medico di MSF può prestar loro le cure necessarie. Nella mattinata di martedì 8 maggio la “Aquarius” comunica all’MRCC di Roma di voler lasciare la propria area di competenza SAR (Search And Rescue) in vista del preannunciarsi di cattive condizioni meteo marine e chiede pure allo stesso Ente di indicare un POS (Place Of Safety) per lo sbarco dei migranti.
Dopo qualche ora le autorità marittime italiane autorizzano quanto richiesto dalla “Aquarius” e indicano come place of safety il Porto di Catania dove la nave di “SOS Mediterranee” è arrivata intorno alle 8,00 del mattino. Le persone che quest’oggi stanno sbarcando a Catania provengono da nove differenti Paesi, tra i quali Bangladesh, Egitto, Eritrea e Sudan e tra di esse vi sono otto donne e 34 minori, dei quali alcuni ben al di sotto dei 13 anni. Tutti loro, indifferentemente dalla nazionalità, lamentano di essere dovuti fuggire dalla Libia dove erano in mano ai trafficanti che li sottoponevano a indicibili umiliazioni costringendoli a vivere in condizioni disumane. Una testimone, una ragazza nigeriana di 21 anni, ha raccontato ai propri soccorritori: «lo scorso luglio ho tentato di partire ma i libici ci hanno fermato in mare e riportato a terra. Sono stata sbattuta un’altra volta in prigione, per cinque mesi e una settimana. In prigione non c’era bagno, il cibo era poco, niente vestiti. Siamo stati maltrattati e picchiati. Un giorno qualcuno è arrivato e ha pagato per farmi uscire. Ma poi ho dovuto restituire i soldi (immaginiamo in che modo; n.d.r.). Ho deciso di scappare di nuovo. Quando sabato abbiamo visto la nave di soccorso che si avvicinava, eravamo terrorizzati pensavamo che fossero ancora i libici».
Valeria Calandra, presidente di SOS Mediterranee Italia, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «L’attuale confusione nel coordinamento dei salvataggi in mare a cui stiamo assistendo è la conseguenza della politica europea di esternalizzazione della gestione del fenomeno migratorio nel Mediterraneo, approvata dalla Dichiarazione di Malta del febbraio 2017. Il risultato è di fronte ai nostri occhi: il calo degli arrivi di persone vive in Italia ma l’aumento delle morti, la diminuzione del numero di salvataggi operati da imbarcazioni di soccorso umanitario ma l’aumento dell’insicurezza in mare a causa di trasferimenti di responsabilità alle autorità libiche poco chiari». La Presidente di SOS Mediterranee ha, anche, aggiunto: «Alla luce del trattamento vergognoso e inaccettabile riservato dalle autorità europee ai 105 naufraghi, “SOS Mediterranee” in questo 9 maggio, Festa dell’Europa, fa appello ai responsabili europei affinché riesamino con urgenza i propri orientamenti. Li esortiamo a dare il massimo della priorità al salvataggio e alla protezione delle vite in mare, seguendo i princìpi della solidarietà e dell’umanità su cui si fonda l’Unione europea».