CATANIA – I cento passi catanesi di Pippo Civati. “Giorni migliori, cento passi per la Sicilia e per l’Italia”. Il nome dell’iniziativa è già un programma politico: prove tecniche di unità a sinistra dopo le regionali. E’ questa la chiave di lettura dell’iniziativa di ieri sera con Pippo Civati, il candidato della lista Fava Danilo Festa e il consigliere “ribelle” del Pd Niccolò Notarbartolo. “Per me è un sollievo, è quasi miracoloso che la sinistra sia unita, anche per rompere il luogo comune che ci vuole sempre divisi tra noi e inconcludenti”, dice il segretario nazionale di Possibile che traccia un orizzonte post elettorale. “E invece la candidatura di Fava, che ho sollecitato molto, dimostra che si può fare e che desta molta curiosità nelle persone il fatto che siamo tutti insieme”. “Il test siciliano è importantissimo. La Sicilia si fa laboratorio politico. Non come avviene solitamente: arriva il fulmine e nasce Frankenstein. Per la prima volta le forze della sinistra distanti in questi anni si sono messe insieme con grande entusiasmo”, conferma Danilo Festa candidato civatiano all’Ars. “Tracciamo un percorso che non finisce il 5 novembre, dobbiamo lavorare alla creazione di una casa comune, girando nei territori si sente un grande bisogno di contatto quasi umano con i rappresentanti istituzionali e con i candidati”, racconta. Festa indice la strada. “Dobbiamo tornare a una dimensione genuina della politica puntando sulla coerenza, che purtroppo è passata di moda, e fare politica dalla parte degli ultimi”.
Pippo Civati tesse le lodi della legge elettorale siciliana, che consente di esprimere le preferenze, e di rimando attacca il Rosatellum. “Ovviamente ci sono candidati diversi e per il consiglio regionale, a differenza del Rosatellum che penalizza la democrazia, si può indicare una preferenza ed esprimere un’anima di questa sinistra alla quale ti senti più vicino.” Il futuro del campo a sinistra dei dem sembra roseo. ”L’operazione della sinistra domenica risulterà vincente, otterrà un ottimo risultato e darà a noi un po’ più di confidenza con la materia unitaria”, argomenta Civati.
Guai a chi afferma che le regionali siciliane siano totalmente slegate da dinamiche nazionali. “Per Renzi ormai non sono un test nazionale nemmeno le elezioni politiche”, scherza Civati. Poi passa all’attacco del segretario dem. “Il suo dramma è di avere diviso tutti e avendo perso malamente un referendum sul quale non ha riflettuto visto che dice ‘apro ma non cambio’: questa non è un’apertura”, spiega. Impietosa l’analisi sullo stato dell’arte dei democratici siciliani. “In Sicilia il Partito Democratico è davvero un luogo metafisico perché tra quelli che sono entrati, quelli che sono andati via, questa campagna elettorale in cui la metà dei sostenitori di Micari non fa mistero che sosterrà Musumeci in caso di vittoria”, dice Civati. E sottolinea “la fragilità” della compagine che sostiene “un candidato come Micari, penalizzato dall’egotismo di Orlando e dalla pessima eredità di Crocetta, rischia di piazzarsi dopo Fava”.
Il segretario di Possibile ribalta il paradigma del voto utile. “Il voto utile, quindi è quello a Fava nel campo del centrosinistra”. Un ragionamento che sembra avere convinto pienamente anche Notarbartolo, graditissimo ospite della serata. Il consigliere del Pd ormai non fa mistero di essere in rotta di collisione con la galassia dem, come dimostra la sua presenza a diverse iniziative della sinistra radicale (Da Bertone a Civati passando per Roberto Speranza). “C’è un assurdo e quasi ridicolo richiamo al voto utile, il voto utile in questo momento storico è un voto che rappresenta”, taglia corto Notarbartolo a margine dell’incontro. “Non sono rappresentato dalla lista del Pd costruita per i campioni delle preferenze. Io credo che le istituzioni si avvicinino alle persone quando ci sono rappresentanti di idee”, argomenta. “E mi piacerebbe che la mia voce fosse ascoltata ed è facile farla ascoltare ai bravi ragazzi che si candidano nelle liste Fava più che ai tanti campioni di preferenze che ci sono oggi nel Pd”, attacca il consigliere comunale.
“Il problema è anche nazionale, non solo locale”, chiarisce. “Il mio è un gesto forte e me ne assumo pienamente le responsabilità, però sono convinto che nessuno mi potrà richiamare alla disciplina di partito (che è una cosa nella quale credo)”, dice. “Io sono disciplinato nel momento in cui ho luoghi in cui le mie scelte possono anche essere messe in minoranza, ma poiché candidati e progetti non si capiscono bene dove siano stati sviluppati, visto che un partito non esiste più e non si riuniscono i suoi organismi dirigenti è anche ridicolo appellarsi alla disciplina di partito”. “Quale partito?”, si chiede amaramente.