Quel “deficiente” di Messina Denaro| 'Finché non prendono questo cane...' - Live Sicilia

Quel “deficiente” di Messina Denaro| ‘Finché non prendono questo cane…’

Matteo Messina Denaro

I commenti di Salvatore Giorgi e Calogero Luppino sul latitante trapanese.

LE INTERCETTAZIONI
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PALERMO – Lo definivano “deficiente” e “cane”. Salvatore Giorgi e Calogero Luppino, zio e nipote fermati oggi dai carabinieri, erano durissimi con Matteo Messina Denaro. Da un lato avrebbero fatto parte della mafia trapanese, di cui il padrino di Castelvetrano continua a essere il capo nonostante sembri defilato, ingrossando il loro portafogli con le agenzie di scommesse, e dall’altro speravano che il latitante venisse arrestato al più presto.

Luppino, bookmaker di un marchio maltese del gioco on line, sognava di abbandonare quel “territorio disgraziato” della provincia trapanese: “… è da quattro anni che dico a mia moglie che dobbiamo andare via da Campobello, dobbiamo andare via, dobbiamo andare via”. Non aveva ancora fatto i bagagli per non dare nell’occhio: “… meglio che non mi muovo perché è peggio, sembra che voglio scappare, aspettiamo su cu fannu, se mi cercano non ho niente da fare”. In effetti i carabinieri lo “cercavano” e oggi lo hanno fermato.

Stesse considerazioni le faceva Giorgi: “… io altri due anni me ne vado, me ne vado non perché ho imbrogli, perché l’Italia non ci appartiene”. Anche lui non ha fatto in tempo ad andare lontano. Vivere a Campobello di Mazara per loro era diventato impossibile per via della pressione delle forze dell’ordine che danno la caccia al latitante.

“Fino a quando non prendono a ‘questo’ siamo tutti consumati – diceva Luppino – perché ti legano tutti a questo deficiente”. E Giorgio aggiungeva: “… finché non prendono questo cane di macogna (potrebbero anche avere storpiato il nome di Gano di Magonza, il traditore della Chanson de Roland, ndr)… in questo territorio faranno terra bruciata”. Da un lato Luppino e Giorgi avrebbero sfruttato la loro appartenenza alla mafia per fare affari, ottenendo l’appoggio di Saro Allegra, cognato di Messina Denaro, e dall’altro speravano di sbarazzarsi presto del latitante.


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