Non si capisce lo psicodramma in casa Udc, se non si intercetta la sofferenza dell’elettore centrista medio, orfano di Totò Cuffaro. E’ un malessere rampicante, parte dalla base e arriva lassù, fino al trono del re.
Gli udicini non hanno ancora elaborato il lutto della scomparsa politica, per le note vicende giudiziarie, del loro campione migliore, di colui che aveva arpionato il potere e prometteva di tenerlo nei secoli, col mastice del sorriso, con le truppe corazzate delle sue vasate. E c’è un’altra forma di disorientamento, diciamo morfologica: Totò era il siculo doc, capace di lotte selvagge nelle segrete dei bottoni, però accogliente. Il suo bacio era un apostrofo rosa. Totò bacia tutti, etc, etc… Raffaele non bacia nessuno. E’ allergico al contatto umano. Dal presidente che si poteva sprimacciare come un orsacchiotto nell’oscura notte siciliana, al presidente intoccabile, irto di diffidenza e aculei come un porcospino.
Lo psicodramma dell’Udc non consiste solo nella progressiva erosione, negli atolli che si staccano dal corpo del partito. Un lettore l’ha scritto: “Non hanno la stoffa di Totò”. Infatti, con Totò lo sfarzo di una volta, comunque, non c’è più, per carisma e risultati. Saverio Romano sta tenendo dritta la barra di una coerenza che, al momento, è raccontata dai fatti. Con Cuffaro si vinceva la Champions. Il lutto è proprio inconsolabile, non bastano i fazzoletti: è un malessere carsico, per taluni inconfessabile che, talvolta, prorompe in pianto e protesta.
Ci sarebbe poi la questione giudiziaria con annesso intrico di discorso etico. Lasciamo stare, non sono i tempi adatti. La morale è roba per i sofisti, per chi ha denti da mordere quella sostanza dura. Lo sodganamento è ormai compiuto. Nel Paese in cui Mangano è un eroe, Cuffaro è perlomeno un innocuo chierichetto. E la circostanza che non lo lascino più accostare alla messa del potere riempie il cuore triste dei suoi di singhiozzi e dispetto.