16 Settembre 2020, 05:20
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CATANIA – Non è stata una scelta facile. Anche perché alcune decisioni travolgono il mondo di un’intera famiglia. Filadelfo Amarindo ha voltato le spalle alla ‘vecchia vita’ e ha deciso di collaborare con la giustizia.
Il lentinese, lo scorso giugno, è finito in manette con l’accusa di concorso esterno nel blitz della Guardia di Finanza Mazzetta Sicula. L’inchiesta è quella che ha al centro l’impero imprenditoriale e immobiliare creato dai Leonardi, gli (ex) re dei rifiuti.
L’indagine, divisa in due tronconi, ha scoperchiato il sistema criminale volto a “cummighiare l’immondizia”. Nella discarica di Grotte Sangiorgio sarebbe stato messo un piedi un meccanismo per far lievitare soldi a danno dell’ambiente. E tutto sarebbe stato fatto grazie a ‘funzionari’ infedeli che sarebbero stati retribuiti mensilmente da Antonello Leonardi. In tutto questo, il fedele dipendente Amarindo avrebbe garantito all’imperatore della discarica coperture oltre a un collegamento con il clan Nardo di Lentini.
La “certificazione” della collaborazione di Filadelfo arriva dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari dell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Marco Bisogni. Accanto all’ex dipendente della discarica, il primo della lista dei 13, è scritto infatti “domiciliato presso il servizio centrale di protezione”.
Il decreto che attesta la chiusura delle indagini è stato notificato – oltre al collaboratore – ad Antonio Leonardi, Salvatore Davide Leonardi, Alfio Fabio D’Arrigo, Salvatore Francesco Guercio, Nicola Guercio, Vincenzo Liuzzo, Marco Morabito, Pietro Francesco Nicotra, Giancarlo Panarello, Salvatore Pecora, Francesco Zappalà. Le società coinvolte sono la Sicula Trasporti spa, la Sicula Compost, la Gesac, Edile Sud srl, Leonhouse Immobiliare, Eta Service srl.
A tal proposito lunedì si è svolta l’udienza programmata per la richiesta di commissariamento delle aziende, ma dopo la sostituzione del componenti del cda con gli amministratori giudiziari, il pm ha rinunciato e il gip ha disposto in conformità.
Il sistema illecito, che avrebbe garantito ai Leonardi ingenti introiti attraverso il traffico di rifiuti e diverse frodi, sarebbe stato pianificato nei minimi particolari. Antonio Leonardi avrebbe ideato i “sistemi di gestione illecita dei rifiuti”, il fratello Salvatore avrebbe rafforzato “i propositi criminosi al fine di massimizzare i profitti”.
Marco Morabilto, invece, come dipendente della Sicula, avrebbe “dato esecuzione alle direttive di Leonardi e disponendo il trasferimento del compost dalle biocelle prima del completamento della lavorazione”. Pietro Nicotra, responsabile dell’impianto di compostaggio, facendo seguito alle direttive di Leonardi avrebbe “inviato in discarica materiale proveniente da una fase intermedia del processo di compostaggio”. Contestazioni simili a quelle contattate al consulente esterno Giovanni Messina.
Francesco Zappalà, responsabile dell’impianto di trattamento meccanico biologico, avrebbe organizzato – seguendo le direttive dell’imprenditore indagato – “l’attività di discarica in modo da consentire l’illecito smaltimento dei rifiuti”. L’illecita immissione del percolato in eccesso nel suolo e nelle acque sarebbe stato il compito invece di Fabio D’Arrigo, dipendente di Sicula. Vincenzo Liuzzo, funzionario dell’Arpa Siracusa, e Salvatore Pecora, funzionario del Libero Consorzio di Siracusa, sono accusati di corruzione.
Amarindo Filadelfo ha, dunque, deciso di vuotare il sacco. E le sue dichiarazioni potrebbero ancor di più blindare le accuse nei confronti dei Leonardi e dei colletti bianchi finiti nel mirino della Guardia di Finanza. Anzi alcune delle sue rivelazioni sono già finite in alcune udienze del Tribunale del Riesame che si sono svolte dopo gli arresti di inizio giugno.
Filadelfo potrebbe anche chiarire aspetti inquietanti che emergono dalla lettura degli atti dell’inchiesta Mazzetta Sicula, come quello di un cadavere che diversi anni fa sarebbe stato sepolto nella discarica dei Leonardi. Nella stessa pattumiera dove i finanzieri hanno scavato e trovato i bidoni contenenti un tesoro in contanti di un milione di euro.
Guardando il passato burrascoso, anche a livello giudiziario, del nuovo pentito è ipotizzabile che i suoi racconti potrebbero diventare fondamentali input investigativi inerenti gli affari illeciti del clan Nardo di Lentini, costola della famiglia catanese di Cosa nostra. Qualcuno mormora: “Potrebbe scatenarsi un nuovo terremoto giudiziario”.
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16 Settembre 2020, 05:20