PALERMO – Gli scogli da superare non sono ancora finiti per il via libera alla riforma elettorale. L’Ars ha approvato gli otto articoli che compongono il disegno di legge per l’elezione di sindaci e consigli comunali. Ma restano da esaminare gli emendamenti aggiuntivi. Alcuni dei quali si annunciano piuttosto controversi. Tra questi, ad esempio, quelli che puntano ad eliminare la doppia preferenza di genere (su cui nelle scorse settimane si è consumato uno scontro istituzionale tra il ministro Elena Boschi e il presidente dell’Ars Ardizzone) o ad abbassare la soglia minima richiesta alle liste per l’ingresso in consiglio comunale.
La seduta di oggi, intanto, è stata ancora una volta caratterizzata da tensioni e polemiche, iniziata con l’ostruzionismo delle opposizioni che hanno provato a fare accantonare la norma. L’aula ha respinto la richiesta di invertire l’ordine del giorno e proseguire i lavori con le variazioni di bilancio bis. Richiesta che inizialmente non era stata ammessa dal presidente di Sala d’Ercole Ardizzone: “La conferenza dei capigruppo si è espressa, l’ordine dei lavori è stato fissato”. Una presa di posizione che non è piaciuta alla minoranza.
E il clima in aula si è fatto rovente. “Trovo grave che una richiesta di inversione dell’ordine del giorno si schianti contro il muro del presidente dell’Ars”, il pensiero di Vincenzo Figuccia, vice capogruppo di Forza Italia. “Non possiamo correre il rischio che il dibattito sulla riforma elettorale vada per le lunghe, compromettendo la possibilità di approvare le variazioni di bilancio”, l’intervento in Aula di Angela Foti del Movimento cinquestelle. Sulla stessa scia il pensiero di Santi Formica, capogruppo della Lista Musumeci. “Procediamo con i lavori, giochiamoci la partita al momento del voto”, l’invito del vice capogruppo del Pd Giovanni Panepinto. Le pressanti richieste alla fine hanno convinto il presidente Ardizzone a mettere la proposta ai voti. Proposta respinta da Sala d’Ercole che ha ripreso l’esame della riforma elettorale.
Una riforma che riscrive profondamente il sistema elettorale in Sicilia. A cominciare dalla soglia necessaria per i ballottaggi, che scende dal 50 al 40 per cento. Nel caso in cui più candidati dovessero superare il 40 per cento, sarà eletto sindaco il candidato più votato. Sala d’Ercole ha accolto un emendamento del Movimento cinquestelle che prevede, in caso di parità di voti, l’elezione del candidato più giovane invece del più anziano. Non è passata, invece, la possibilità del terzo mandato. Cambia il quorum necessario per la mozione di sfiducia al sindaco: basterà il 60 per cento dei consiglieri per mandare a casa il sindaco anziché i due terzi del consiglio comunale
Reintrodotto, invece, il cosiddetto ‘effetto trascinamento’, per cui la sola espressione del voto di lista si estende anche al candidato sindaco a questa collegato. Innalzata da 10 a 15 mila abitanti la soglia per i comuni ai quali applicare il sistema maggioritario. Il premio di maggioranza in consiglio comunale viene assegnato, in caso di elezione del sindaco a primo turno o alla lista o alla coalizione ad esso collegate che abbiano raggiunto il 40 per cento: in questo caso otterranno il 60% dei seggi. La riforma, infine, prevede che al primo dei non eletti fra i candidati alla carica di sindaco sia riservato un seggio nel consiglio comunale. Respinta dal voto dell’aula la norma che prevedeva la possibilità di istituire circoscrizioni, senza oneri a carico del bilancio comunale, anche nei comuni con più di 30mila abitanti. Aggiornate anche le norme relative alla nomina dei revisori dei conti.
