PALERMO – Alla fine, l’unico nome saltato fuori dalla drammatica audizione di ieri in commissione bilancio, è stato il suo. Il nome di Nino Dina è stato tirato fuori dall’amministratore unico di Riscossione Sicilia Antonio Fiumefreddo, per confutare la tesi del capogruppo del Cantiere popolare Toto Cordaro secondo il quale all’Ars ci sono “tante persone perbene”.
Ma Fiumefreddo a quel punto ha ricordato che “il precedente presidente della commissione bilancio è stato indagato per fatti di mafia”. E ancora, che lo stesso Dina “è stato raggiunto da provvedimenti dell’autorità giudiziaria e non certo per costruzione abusiva”.
È stato proprio quel riferimento alle vicende giudiziarie dell’ex parlamentare Udc a innescare la reazione del presidente della commissione, Vincenzo Vinciullo, che ha ricordato come pochi minuti prima avesse interrotto un altro deputato, Totò Lentini, che stava facendo riferimento a una vicenda giudiziaria che riguarda lo stesso Fiumefreddo. “Lei ha paura che io faccia i nomi”, ha quindi urlato Fiumefreddo, parlando poi di politica nella quale si è infiltrato il malaffare. Anche in quel Palazzo dei normanni dove si stava discutendo del possibile nuovo stanziamento per Riscossione Sicilia.
Alle dichiarazioni di Fiumefreddo, Dina, che non era presente alla seduta della Commissione non essendone componente, ha risposto tramite i suoi legali: “Va evidenziato, in proposito, che l’avvocato Fiumefreddo, – fanno sapere attraverso una nota gli avvocati Salvatore Ferrara e Giovanni Gruttad’Auria – a seguito di precedenti dichiarazioni altrettanto diffamatorie nei confronti dell’onorevole Dina, propalate a milioni di telespettatori anche attraverso il mezzo televisivo pubblico, già nel maggio del 2016 aveva ricevuto notizia di un procedimento per il risarcimento dei danni, tuttora in corso, corredato da evidenze documentali, con cui era stato edotto circa la non corrispondenza al vero delle sue precedenti dichiarazioni. La presunta indagine a cui ha fatto riferimento l’amministratore unico di Riscossione nel corso della seduta della Commissione Bilancio, inoltre, – spiegano i legali -, non è mai sfociata in un processo e viene tirata fuori periodicamente da taluni soggetti, evidentemente più informati della persona interessata, visto che all’onorevole Dina non è giunta alcuna comunicazione dalle competenti autorità”.
Gli avvocati, poi, ricordano come in diverse altre occasioni, anche televisive (e il riferimento va alle trasmissioni “Petrolio“, “Virus” e “Quinta colonna“), Fiumefreddo avrebbe diffamato lo stesso Dina, facendo riferimento addirittura ad un inesistente arresto per fatti di mafia.
“Nel maggio del 2015, l’onorevole Dina – continuano gli avvocati Salvatore Ferrara e Giovanni Gruttad’Auria – è stato raggiunto da un provvedimento restrittivo, gli arresti domiciliari, in relazione alla contestazione di un titolo di reato del tutto diverso dall’associazione mafiosa o reati alla stessa connessi. Tuttavia, come è altrettanto noto, gli arresti domiciliari – proseguono i legali – vennero immediatamente revocati dal Gip per insussistenza dei presupposti di legge. Sorprende e dispiace che l’avvocato Fiumefreddo, dall’alto della sua carica istituzionale, abbia ritenuto di coinvolgere il nostro assistito in polemiche dai toni scomposti, peraltro in sua assenza, insistendo in accuse, di indubbia efficacia comunicativa, ma altrettanto infondate nel contenuto. Per questi motivi, al fine di tutelare la propria reputazione e per ristabilire la verità dei fatti, l’onorevole Dina ci ha conferito mandato per avviare un ulteriore procedimento innanzi alle competenti Autorità”.