CATANIA – Altro che “famiglia”. Nel 2004 per 3 mesi Catania è ripiombata negli anni Novanta. I vertici della famiglia Ercolano-Mangion volevano fermare la scalata criminale di “Nino ‘u pazzu” Santapaola, fratello del padrino Nitto. Così decisero di colpire il suo uomo più fidato, Alfio Mirabile. L’agguato però fallì. Mirabile fu gravemente ferito in via Fratelli Gualanti il 24 aprile 2004 (il boss rimase paralizzato e morì nel 2011 in una clinica). Di quel tentato omicidio ne avrebbe “gioito” Salvatore Di Pasquale, conosciuto negli ambienti criminali come “Giorgio Armani”. Una “gioia” che ha pagato a caro prezzo. Il 29 aprile 2004 è stato accerchiato da un gruppo di fuoco fedele a Mirabile e ammazzato davanti ad un paninaro di San Giovanni Galermo. È scattata immediatamente la contromossa degli Ercolano che decisero di uccidere Michele Costanzo, fedelissimo di Mirabile. L’agguato avvenne alla zona industriale di Catania, davanti la Dhl, il 3 maggio 2004. Pochi giorni prima, il 30 aprile 2004, è stato ammazzato Gaetano La Rosa. E i giornali dell’epoca non poterono fare altro che titolare: “E’ faida”. Salvatore Guglielmino (per la malavita Turi ‘u picciriddu) e Dario Caruana sono stati condannati in primo grado all’ergastolo per l’omicidio Di Pasquale, stessa condanna per Lorenzo Saitta, ‘u Scheletru, per l’uccisione di Costanzo.
Per una nuova guerra intestina dovremo aspettare qualche anno, nel frattempo la scia di sangue non si è arrestata. Nel 2006, il 20 novembre, è stato ucciso Pippo Sciotti davanti la Scuola De Roberto di Catania. Aveva appena accompagnato la figlia. Il 6 dicembre 2006 Lorenzo Saitta, cugino dell’omonimo boss “Salvuccio ‘u Scheletru”, è stato attirato in un garage del viale Moncada per “assaggiare” una partita di cocaina. Appena arrivato, Andrea Nizza, condannato a 30 anni in appello, ha aperto il fuoco. Il corpo poi è stato fatto sparire. Il 2007 è l’anno della doppia lupara bianca. Nelle campagne calatine, Angelo Santapaola e il suo guardaspalle Nicola Sedici sono stati ammazzati e poi bruciati. Sono stati trovati carbonizzati nelle campagne tra Ramacca e Palagonia il 30 novembre 2007. Il cugino dello zio Nitto, il capo dei capi di Catania, è stato riconosciuto grazie alla fede nuziale. Un omicidio che ha portato Enzo Aiello, per diversi anni reggente di Cosa nostra, alla sentenza più temuta: “Fine pena mai”. Nelle strade di Catania, nel corso dei 12 mesi, si sono contati diversi morti ammazzati. Il 28 febbraio 2007 al viale Moncada di Librino è stato ucciso Michelangelo Loria, il 3 giugno via Alogna è diventata la tomba di Giovanbattista Motta, esponente del clan Mazzei. Davanti al chiosco di piazza San Pio X, l’8 giugno 2007, è stato crivellato Nunzio ‘Nuccio’ Aurora (nella foto in home). E a pochi passi da via Etnea, in via Palazzotto, il 4 novembre 2007 moriva sotto una pioggia di pallottole Rinaldo “Renato” Suraniti, nome inserito nell’inchiesta più importante della mafia catanese: Orsa maggiore. Dobbiamo mettere avanti le lancette dell’orologio, fino al 24 giugno 2010. Maurizio Signorino, vicinissimo al boss Maurizio Zuccaro, è messo a tacere in via Carrubella con diversi colpi di pistola. In via Pietro Platania il 27 febbraio 2011 è stato ammazzato Giuseppe Gianguzzo. Lo chiamavano Peppone, “militava” nel gruppo santapaoliano “Ottantapalmi” di Turi Amato.
Lo scontro intestino tra Santapaola ed Ercolano è nuovamente scoppiato il 14 settembre 2011: quando il triste destino dei boss che hanno “comandato” al Villaggio Sant’Agata si è ripetuto. Dopo Raimondo Maugeri, è stato ammazzato anche Giuseppe Rizzotto. “U Ciareddu”, così lo chiamavano, è stato attirato in una trappola. Una falsa scampagnata organizzata per tendergli un tranello. Accerchiato, interrogato, ucciso e poi seppellito in un sacco nero. Il boss avrebbe commesso uno sbaglio fatale: avrebbe provato a vendere dello stupefacente a una donna che già si riforniva dai Nizza. E avrebbe detto alla signora che “le cose presto sarebbero cambiate”. Un fatto imperdonabile per l’uomo d’onore, ora pentito, Fabrizio Nizza.