PALERMO – Hotel delle Palme, interno giorno. Il nuovo presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani, entra nella sala gremita di cronisti: è placido ma deciso e apre le danze con parole cariche di significato politico. “Questa è la vittoria di tutto il centrodestra”. Patti chiari e amicizia lunga: rispetto nei confronti di tutti i partiti e una strategia basata sul dialogo. Lo stile sobrio e il piglio istituzionale dell’ex presidente del Senato fanno il resto.
L’impronta che vuole dare il nuovo inquilino di Palazzo D’Orleans, chiamato a vestire i panni del mediatore, è chiara. “E’ una vittoria di tutto il centrodestra. Tutti avranno pari dignità, al di là dell’entità dei consensi che influiranno sulla composizione della giunta. Ma ribadisco che sarà il governo delle competenze”, dice. “Ringrazio Berlusconi, Meloni, Salvini, Romano, Totò Cuffaro, Lombardo quando mi hanno dato la notizia della candidatura – afferma – Questa vittoria favorirà il popolo siciliano, perché ci sarà sinergia col governo nazionale”, dice il neo presidente. Nel corso della conferenza stampa che si tiene a Palermo in pieno centro, culla di un’elezione che sposta metaforicamente gli equilibri non soltanto geografici della nuova maggioranza di governo, Schifani tratteggia il suo programma. Due gli obiettivi principali: il Ponte sullo Stretto e una gestione limpida ed efficiente della vagonata di denaro legata ai fondi del Pnrr (sui quali vigilerà con un pool di magistrati in pensione). Schifani vestirà i panni del mediatore e ne chiarisce subito il significato.
“Sono un mediatore, ma questo non vuol dire mediare al ribasso”. Un suggerimento che gli ha dato “l’amico Nello”. L’ex presidente viene citato in maniera affettuosa e il suo governo lodato con fair play al netto dei problemi e delle difficoltà oggettive che attanagliano l’isola. Continuità, ma anche discontinuità come certificano i passaggi salienti del discorso di Schifani incentrato sul rispetto dei partiti della coalizione. “Non sarà il capo della maggioranza, ma ne farò parte”, dice Schifani rifiutando il metodo “dell’uomo solo al comando”. E apre anche a un confronto costruttivo con l’opposizione. “Con le opposizioni con loro ho avuto sempre rapporti pacati, in me non troveranno una persona prevenuta nei confronti delle loro proposte”, spiega tentando di dribblare potenziali polemiche (in primis l’affaire voto disgiunto). Non attacca il competitor Cateno De Luca che si era fatto sentire già in mattinata mettendo in dubbio la veridicità degli exit-poll che danno Schifani in nettissimo vantaggio con un piede già dentro Palazzo d’Orleans.
Una conferenza stampa pacata e senza scosse, dello stesso tenore del clima che ha aleggiato sul comitato per tutto il pomeriggio. Ore scandite da serenità via via più crescente, direttamente proporzionale alla forbice che separa il candidato dal suo principale competitor. Gli alleati arrivano alla spicciolata. l leghisti Francesco Scoma e Nino Germanà, il coordinatore azzurro Gianfranco Miccichè, l’onorevole Gianfranco Mulè e il neo deputato Saverio Romano, il sindaco Roberto Lagalla, i patrioti Carolina Varchi, Raoul Russo e Gianpiero Cannella. Da domani, a bocce ferme e voti di lista alla mano, si faranno i primi ragionamenti in seno alla coalizione e si scriverà una pagina nuova.