Sergio Caputo fa tappa in Sicilia: "Sabato italiano? Che bella prigione..."

Sergio Caputo fa tappa in Sicilia: “Sabato italiano? Che bella prigione…”

L'artista racconta la sua canzone più famosa, nel quarantennale

Un Sabato Italiano compie 40 anni, Sergio Caputo celebra il compleanno del suo celebre successo con un nuovo tour che il 16 settembre, alle 21, fa tappa a Messina, al Giardino Corallo. Un appuntamento sull’onda della qualità e dell’amarcord. Ecco l’intervista. 

Sergio Caputo, Garibaldi è ancora innamorato? Qui, in redazione, vorrebbero saperlo…
“Ma la sai una cosa curiosa? Stavo suonando a Porto Rotondo e si è presentata la famiglia Garibaldi al completo, i discendenti. C’era il pronipote, identico a lui. Il vero Giuseppe Garibaldi, quello dei libri di storia, era sempre innamorato, era un grande amatore e, certe volte, cominciava le rivoluzioni per amore di una donna”.

Hai capito le meraviglie di Caputo? Che ha instillato nel nostro cuore, con dolcezza, la rigogliosa malinconia di un sabato italiano. Era il 1983, quarant’anni fa, quando ascoltammo questa splendida e geniale canzone a orologeria che teneva incorporato in sé lo struggimento di quarant’anni dopo.

Entrava nelle case, il sabato di Sergio Caputo. In appartamenti austeri, con le nove sinfonie di Beethoven dirette da Von Karajan e la filosofia di Ludovico Geymonat a montare di sentinella contro ogni mescolanza culturale. Eppure ‘la notte è un dirigibile’ passava, con un tunnel tra le gambe dell’epoca. Austeri professori si toglievano la giacca e la cravatta, credendosi non visti, e, con l’aria da cospiratori, canticchiavano: “E sulle immagini di sempre, nei discorsi e nei pensieri. Dilaga anacronistica la musica di ieri”. (pro)Segue chiacchierata con l’autore dell’opera e di tutto. Oltre al resto, persona di rara affabilità.

Sergio, il tuo sabato, per te, oltre a un marchio di fabbrica, è anche una definizione che un po’ imprigiona?
“Un po’ sì, lo confesso. Ci sono stati dei periodi, quando bisognava promuovere gli album, che andava messa a tutti costi. Ed era inutile fare presente che avevo scritto tanto altro. Però sono grato alla canzone, eh. Fu Toto Cutugno ad aprirmi gli occhi”.

Che disse il compianto Toto?
“’Sergio, non irritarti mai con la ripetizione che viene richiesta. Significa che hai scritto qualcosa che rimane nel cuore delle persone…’ Mi ha aiutato a fare pace con ‘Sabato italiano’. Tra l’altro, quando la scrissi, nemmeno immaginavo che avrei fatto il musicista di professione. Ebbe un successo pazzesco e immediato. E la mia vita cambiò per sempre”.

Era un periodo felice per i creatori.
“C’era Nanni Ricordi, un uomo di immensa sensibilità, il vero papà della canzone italiana. Uno che ha convinto gli artisti che potevano cantare loro stessi i pezzi che scrivevano. Fu lui a dare il via a Jannacci, a Gaber, a Tenco… Lo rammento con affetto”.

Nanni Ricordi rifuggiva dagli schemi. Gli anni Settanta avevano lasciato, a margine della loro intensità, l’ossessione dell’etichetta. Il personale, il politico, il cantautore, il canta e basta…
“…Pure io mi sono tenuto alla larga dagli schemi, dai perimetri precotti. Non sono il tipo che si addormenta tra le braccia di un luogo comune. Ho rigato dritto per la mia strada artistica, senza farmi fuorviare, senza perdere di vista i miei obiettivi. Qualcuno mi ha etichettato lo stesso? Pazienza”.

Perché il tuo sabato si è guadagnato l’immortalità della memoria?
“Me lo sono chiesto spesso. A distanza, devo dirti che le prospettive un po’ si chiariscono. Il brano è felice, funziona benissimo, pure soltanto suonato, come certe musiche di Bacharach, dove il testo viene dopo. Parla di amore, di amicizia, del desiderio di vivere la notte. E c’è il sabato che è l’archetipo delle aspettative, non sempre soddisfatte. Ogni tanto rido tra me e me e penso: il sabato, a livello di canzoni, sarà per sempre mio. Nessuno può fregarmelo”.

Però, oggi, nell’ammorbidente del politicamente corretto, non potresti più scrivere: ‘Non voglio mica smettere di bere e di fumare’.
“Come tante altre cose, che rimangono lo stesso. In effetti, un autore riscrive in ogni momento, non si smette mai. Comunque ho smesso di fumare sul serio”.

Ti piace la musica italiana, oggi?
“Ti dico la verità: non la ascolto, come ascolto poca musica attuale in genere. Ci sono tanti pezzi vecchi e sacri da ascoltare e riascoltare. Mi basta questo. Adesso, conta moltissimo l’immagine, un elemento a cui ho sempre dato pochissimo credito. Ho visto nascere astri adulati di cui nessuno parla più. Io sono ancora qui. Sono felice: ai miei concerti viene gente che non era nata ai tempi di ‘Sabato italiano’”.

Sergio, volevo chiedertelo già quarant’anni fa, davvero il peggio sembra essere passato?
“Sì”.


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