Reggio- Ndrangheta: maxioperazione, sequestri in tutta Italia. Ventinove misure cautelari personali, diverse delle quali rivolte ad esponenti apicali della ‘ndrangheta, e il sequestro di cinque aziende di trattamento rifiuti tra Calabria e Emilia Romagna sono state eseguite stamani dai carabinieri del Gruppo forestali e del Comando provinciale di Reggio Calabria nell’ambito di una inchiesta della Dda reggina.
Gli indagati sono accusati, a vario titolo di, associazione mafiosa, traffico illecito di rifiuti ed altri reati ambientali al termine di una indagine condotta dal Nipaaf, il Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale dei Carabinieri Forestali, denominata “Mala pigna”, hanno partecipato anche i carabinieri forestali dei Reparti in Calabria, Sicilia, Lombardia ed Emilia Romagna, con il supporto dello squadrone eliportato “Cacciatori Calabria” e i militari dell’ottavo Nucleo Elicotteri Carabinieri di stanza a Vibo Valentia.
I provvedimenti sono stati emessi dal gip Vincenza Bellini su richiesta della Dda di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri. I dettagli dell’operazione saranno illustrati dal generale Antonio Pietro Marzo, comandante delle Unità forestali, e dai vertici della Procura reggina in una conferenza stampa in programma alle 11.00 al Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria.
Il ruolo dell’avvocato ed ex parlamentare
Tra persone fisiche e società, sono in tutto 44 gli indagati dell’inchiesta “Mala Pigna” coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che ha fatto luce su un traffico di rifiuti gestito dalla cosca Piromalli di Gioia Tauro. Per quanto riguarda l’avvocato Giancarlo Pittelli, arrestato per concorso esterno, secondo la Dda era “uomo politico, professionista, faccendiere di riferimento avendo instaurato con la ‘ndrangheta uno stabile rapporto ‘sinallagmatico’”. Questo rapporto, per i pm, era “caratterizzato dalla perdurante e reciproca disponibilità”. Pittelli avrebbe garantito “la sua generale disponibilità nei confronti del sodalizio a risolvere i più svariati problemi degli associati, sfruttando le enormi potenzialità derivanti dai rapporti del medesimo con importanti esponenti delle istituzioni e della pubblica amministrazione”. Secondo gli investigatori, infatti, l’ex senatore Pittelli aveva “illimitate possibilità di accesso a notizie riservate e a trattamenti di favore”. Per questo “veicolava informazioni all’interno e all’esterno del carcere tra i capi della cosca Piromalli detenuti in regime carcerario ai sensi dell’articolo 41 bis”. I boss che avrebbero usufruito del rapporto con Pittelli sono Giuseppe Piromalli detto “Facciazza” e il figlio Antonio Piromalli reggente della cosca. Giancarlo Pittelli, l’avvocato penalista ed ex parlamentare di Forza Italia arrestato stamani nell’ambito dell’inchiesta “Mala pigna” su un traffico illecito di rifiuti coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, secondo l’accusa avrebbe anche svolto, è scritto nel capo di imputazione, un ruolo “da ‘postino’ per conto dei capi della cosca Piromalli, nella perizia balistica relativa all’omicidio del giudice Antonino Scopelliti”, il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione ucciso il 9 agosto del 1991 in un agguato a Campo Calabro, nel reggino, mentre rientrava a casa a bordo della sua autovettura. In particolare, l’ex parlamentare, secondo l’accusa, avrebbe sottoposto all’attenzione di un indagato, ritenuto “soggetto di estrema fiducia” della famiglia mafiosa Piromalli di Gioia Tauro, “una missiva proveniente da Antonio Piromalli finalizzata a far risultare un pagamento tracciato e quietanzato per il consulente tecnico che avrebbe dovuto redigere la consulenza per conto di Giuseppe Piromalli detto ‘Facciazza’ indagato quale mandante, in concorso con altri capi di cosche di ‘ndrangheta e di Cosa nostra siciliana, dell’omicidio del giudice Scopelliti facendosi portavoce delle esigenze della cosca”. In sostanza, per la Dda reggina, avrebbe pianificato “un sistema al fine di eludere la tracciabilità del denaro necessario alle strategie difensive, proveniente da profitti criminali”
La ricostruzione
Secondo la ricostruzione degli investigatori, autocarri aziendali partivano dalla sede di una società con il cassone carico di rifiuti speciali, spesso riconducibili a “Car Fluff” (rifiuto di scarto proveniente dal processo di demolizione delle autovetture) e giungevano in terreni agricoli posti a pochi metri di distanza, interrando copiosi quantitativi di rifiuti, anche a profondità significative. Gli accertamenti eseguiti hanno portato alla scoperta anche dell’interramento di altri materiali, quali fanghi provenienti presumibilmente dall’industria meccanica pesante e siderurgica. Dietro lo smaltimento illecito dei rifiuti, secondo l’accusa, vi sarebbe stata la famiglia di Rocco Delfino, ritenuto il “tutore degli interessi della cosca Piromalli”, che avrebbe utilizzato allo scopo alcune sue aziende operanti nel settore dello smaltimento avrebbe promosso un’associazione volta al traffico illecito di rifiuti mediante la gestione di aziende, come la “Mc Metalli srl” e la “Cm Servicemetalli srl”, fittiziamente intestate a soggetti terzi ma riconducibili, per l’accusa, alla diretta influenza e al dominio della sua famiglia. L’indagine, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Gaetano Paci e dai pm Gianluca Gelso, Paola D’Ambrosio e Giorgio Panucci, è partita da un sopralluogo eseguito a Gioia Tauro nella sede della società “Ecoservizi Srl”, ditta di trattamento di rifiuti speciali di natura metallica e gestita dalla famiglia Delfino, da decenni attiva nel settore. I primi riscontri hanno evidenziato che la società, nonostante fosse oggetto dei provvedimenti di sospensione dell’autorizzazione al trattamento dei rifiuti e di cancellazione dall’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, era diventata il fulcro di un’attività organizzata per il traffico di rifiuti speciali di natura metallica, con base operativa a Gioia Tauro e con marcate proiezioni sul territorio nazionale ed internazionale. Obiettivo di Rocco Delfino, per anni socio e procuratore speciale della società, era quello di servirsi dell’immagine e del nome di società apparentemente “pulite”, avente le carte in regola per poter ottenere le autorizzazioni necessarie alla gestione del settore.
L’azienda confiscata e utilizzata
Una società confiscata dal 2007 e nonostante questo ancora utilizzata per schermare le attività illecite nello smaltimento dei rifiuti. E’ emerso anche questo nel corso dell’inchiesta “Mala pigna” condotta dai carabinieri Forestali e coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che ha portato all’arresto ai domiciliari degli amministratori della società in questione, la “Delfino s.r.l.”, facente capo all’omonima famiglia. I due, Giuseppe Antonio Nucara e Alessio Alberto Gangemi, sono indagati in qualità di amministratori giudiziari della società nominati dal Tribunale sezione Misure di prevenzione e successivamente quali coadiutori, giusta nomina da parte dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati. I due sono accusati, si legge nel capo di imputazione, in quanto “hanno concretamente e stabilmente partecipato alle attività delittuose del gruppo, adoperandosi, pur nella piena consapevolezza dello spessore criminale di Giovanni Delfino per consentirgli di disporre della società Delfino Srl unitamente al fratello Rocco Delfino cosi consentendo che il sodalizio utilizzasse la società confiscata al fine di acquisire e vendere rifiuti a favore della società Ecoservizi Srl”. Per quanto riguarda la figura dell’avvocato ed ex parlamentare Giancarlo Pittelli, dalle indagini sarebbero emersi i rapporti tra lui, l’indagato Rocco Delfino e Aurelio Messineo ritenuto un fedelissimo del boss Pino Piromalli detto “Facciazza”. Oltre a veicolare informazioni dall’interno all’esterno del carcere tra i capi della cosca Piromalli, per l’accusa Pittelli si sarebbe attivato a favore di Rocco Delfino nelle vicende giudiziarie riguardanti la revisione del procedimento di prevenzione nei confronti della società in confisca “Delfino srl”, pendente dinanzi al Tribunale di Catanzaro Sezione Misure di Prevenzione, con l’intento di “influire” sulle determinazioni del Presidente del Collegio al fine di ottenere la revoca del sequestro di prevenzione, nonché con una serie di ulteriori condotte che avrebbero esulato dal mandato difensivo. Il blitz contro la cosca Piromalli è scattato stamattina all’alba in provincia di Reggio Calabria, e in quelle di Catanzaro, Cosenza, Ravenna, Brescia e Monza-Brianza. I carabinieri forestali hanno eseguito anche un decreto di sequestro preventivo per cinque società operanti nel settore dei rifiuti. I reati contestati a vario titolo sono associazione di tipo mafioso, disastro ambientale, traffico illecito di rifiuti, intestazione fittizia di beni, estorsione, ricettazione, peculato, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, violazione dei sigilli e danneggiamento aggravato.