C’è un bar, a Palermo, che racconta la politica meglio di dieci articoli di giornale. Al mattino, tra un caffè e una chiacchierata, ci trovi tutti. Ci trovi l’onorevole di centrosinistra. Ci trovi l’ex assessore di centrodestra. Ci trovi quello che vuole rientrare nel giro. Ci trovi quello che dal giro non è mai uscito. Tutti, appunto.
Si sfiorano. Si riconoscono. Non sempre si parlano. Ma, vedendoli, si capisce che sono sulla stessa barca. E i caffè si affastellano. A questo punto, gli sprovveduti potrebbero inscenare una tirata populista: avete visto i privilegiati che mangiano brioscine, mentre al popolo manca il pane? Lungi da chi scrive l’idea di incorrere in un simile cortocircuito. L’espresso al banco, gli strusciamenti, le occhiate d’intesa rappresentano un appannaggio di ogni comunità umana, di ogni mondo sociale, e la politica non fa differenza.
Però è vero che, in certi momenti, verrebbe da dire: lavorate, fate qualcosa subito. Al netto dei tempi tecnici, almeno, discutete di cose serie, preparatevi a gestire la crisi. La Sicilia sta morendo, mentre altrove si balla come sulla tolda del Titanic prima dell’impatto. Non è il ritrovarsi al bar il peccato della politica, per intenderci: sono peccaminose le troppe chiacchiere da bar che, ovunque, la caratterizzano, mentre la gravità del contesto è palpabile.
Sappiamo che, in sede di formazione di un nuovo governo regionale, la discussione su chi fa che cosa è naturale. Sappiamo pure che i giochi del potere osservano regole di fazione e di posti da assegnare. Non ci scandalizziamo: funziona così.
Ma le chiacchiere da bar, su questo o quello strapuntino da assegnare, suonano come una vibrazione insopportabile, nel rumore di sottofondo di una catastrofe. La politica dei riti, dei palazzi, delle grisaglie e delle riflessioni in punta di forchetta, è finita. Ci vogliono soccorritori, operatori della protezione civile capaci di scendere in strada, per aiutare e comprendere il modo migliore per farlo. Siete stati eletti, cari politici, dalla speranza o dalla rassegnazione. Adesso lavorate. O cominciate a pensarci. (Roberto Puglisi)