CATANIA. Simona Floridia aveva solo 17 anni quando sparì nel nulla, il 16 settembre 1992 a Caltagirone. Era uscita per incontrare le amiche e fare una passeggiata, ma quella fu l’ultima volta che si ebbero sue notizie. Una prima verità adesso potrebbe venire fuori mercoledì a Catania, quando dai giudici della Corte d’assise si attende la sentenza del processo a carico di Andrea Bellia, oggi quarantasettenne, che all’epoca aveva una storia con Simona. Bellia è sotto processo a piede libero, nell’ambito di un’inchiesta che è stata riaperta a distanza di oltre cinque lustri.
Secondo quanto emerso nella scorsa udienza, in sostanza, una delle ipotesi dell’accusa è che Simona avesse scoperto un tradimento di Bellia, con la fidanzata di un suo amico: lui l’avrebbe uccisa perché non rivelasse quel segreto. L’avrebbe portata con il suo vespone in una zona isolata di Caltagirone, Monte San Giorgio, dove dopo il delitto si sarebbe disfatto del cadavere, che non è mai stato rinvenuto.
Accuse che l’imputato, sempre presente in aula al processo, ha seccamente respinto. E dopodomani sono in programma le arringhe dei suoi legali, gli avvocati Antonio Ingroia e Pilar Castiglia. Per Bellia, le Pm della Procura di Caltagirone Natalia Carrozzo e Samuela Lo Martire hanno chiesto la condanna a 24 anni di reclusione.
Dal canto suo, l’avvocato Giuseppe Fiorito, che assiste i genitori della povera Simona, ha chiesto il “massimo della pena”. In particolare, il legale ha chiesto di condannare l’imputato e di riconoscere le circostanze aggravanti dei motivi “abietti e futili” e della “premeditazione”. Il processo, si ricorda, è stato riaperto a 26 anni dall’archiviazione della prima inchiesta, per un’intercettazione in cui alcuni amici dell’epoca di Bellia ipotizzano delle ammissioni che il giovane avrebbe fatto.
Riflettori puntati dunque su Catania. Dopo le arringhe dei difensori, i giudici potrebbero decidere di ritirarsi subito in camera di consiglio o viceversa, qualora arrivasse una richiesta di replica da parte delle Pm o della parte civile, rinviare il verdetto di qualche giorno.