PALERMO – Il fatto era sì grave, ma processare un imputato due volte per lo stesso reato è impossibile. È singolare la vicenda giudiziaria di Gaetano Palumbo, 34 anni. Nel 2014 aveva patteggiato una condanna per avere preso a pugni un vicino di casa. Il fattaccio era avvenuto tre anni prima a Bagheria.
Pugni pesanti visto che Palumbo fa il pugile. A scatenare la reazione dell’imputato il fastidio per il volume eccessivo dello stereo. La vittima, appassionato di tuning, dopo avere piazzato in auto un impianto che pompava watt, aveva deciso di testarne la potenza nel cortile del palazzo. E così Palumbo scese di casa e colpì il vicino al volto. Risultato: trauma cranico e frattura del naso con una prognosi di trenta giorni.
Palumbo decise di patteggiare una condanna a cinque mesi e dieci giorni con la sospensione condizionale della pena. Il reato di lesioni personali gli veniva contestato con le aggravanti di avere agito agito con crudeltà e spinto dai futili motivi.
Qualche tempo dopo si è scoperto che Palumbo, per ragioni che restano oscure, è finito sotto processo la seconda volta per lo stesso reato. Una scoperta avvenuta quando ormai il processo era alle battute finali. Non ne era a conoscenza né il giudice, né la vittima dell’aggressione che si era costituita parte civile con l’assistenza dell’avvocato Dario Falzone. Il patteggiamento esclude il risarcimento danni in sede penale, ma non in quella civile dove ricorrerà il legale.
Il 26 aprile 2017 il giudice monocratico Maria Carla Alagna non ha potuto fare altro che emettere una sentenza di non luogo a procedere “per essere il fatto ascrittogli oggetto di precedente giudicato”.