CATANIA – Prima dell’incontro nel lussuoso hotel Baia Verde di Catania, Carmelo Paratore, figlio di Nino, indagato per traffico di rifiuti, preleva “cinque” e “dieci”. L’appuntamento – secondo quanto risulta dalle intercettazioni che Livesicilia è in grado di rivelare in esclusiva – è con il funzionario regionale Gianfranco Cannova, in ballo ci sono questioni burocratiche che valgono milioni e milioni di euro, la sopravvivenza di una discarica lievitata – secondo la magistratura – al suon di tangenti e adesso in grado di smaltire, in barba a qualunque disposizione legislativa e grazie alla corruzione di funzionari, Rup e commissari ad acta, un affare succulento: lo smaltimento di rifiuti pericolosi. Comprese le ceneri dell’Ilva.
Da un lato ci sono due imprenditori, accusati di essere vicini a Cosa nostra, Carmelo e Nino Paratore, con un lungo elenco di pentiti che hanno ricostruito anche i più piccoli dettagli delle loro presunte relazioni pericolosissime, dall’altro l’assessorato territorio e Ambiente, crocevia di soldi e funzionari “distratti”.
Come sia riuscita quella discarica di Melilli, comune che sorge a ridosso del polo petrolchimico più grande d’Europa, a diventare un’immensa cloaca per lo smaltimento di rifiuti tossici, alla luce del sole, gli investigatori dei carabinieri e gli uomini del Gico della guardia di finanza, ritengono di essere riusciti a capirlo.
Il cuore “burocratico” dell’inchiesta sta tutto dentro l’assessorato regionale Territorio e ambiente, al centro del troncone sul traffico illecito di rifiuti aggravato dal favoreggiamento alla mafia: numerosi i funzionari regionali indagati. Innanzitutto, una vecchia conoscenza della Procura di Catania, Gianfranco Cannova, già arrestato per corruzione nell’inchiesta sulla discarica di Motta S. Anastasia, stavolta inquisito come Rup del procedimento di rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale alla Cisma, società di gestione della discarica di rifiuti speciali. Indagato anche Giuseppe Latteo, dirigente dell’Unità operativa rifiuti fino al 31 dicembre 2015 e Mauro Verace, dirigente generale del servizio Via – Unità operativa rifiuti fino al 30 giugno 2016, nominato commissario ad acta dal Tar proprio per un procedimento sulla discarica inquisita e Natale Zuccarello, dirigente del servizio Via – unità operativa rifiuti fino al 2013, tutti in forza all’assessorato regionale territorio e ambiente della Regione Sicilia. Tutti sono accusati di aver organizzato all’interno della discarica di Melilli, di pertinenza della Cisma Ambiente Spa, “la gestione e lo smaltimento abusivo di ingenti quantità di rifiuti”.
Per dare un’idea del meccanismo, degno di un film di Ficarra e Picone, negli assessorati regionali non sarebbe stato depositato neanche il progetto esecutivo per l’ampliamento della discarica. Altro che snellimento della burocrazia. In quella discarica sono finite 350mila tonnellate di rifiuti anche pericolosi non provenienti dalla provincia di Siracusa, come voleva il decreto dell’assessorato regionale datato 2007. Attraverso una falsa attestazione, i rifiuti sarebbero stati sottoposti a una finta stabilizzazione, con un trattamento “mai validato” dal Cnr di Roma; in pratica miscelavano rifiuti pericolosi e non pericolosi, con calce e cemento, utilizzando un apposito codice CER, che rappresenta il 50% dei rifiuti smaltiti a Melilli. Le intercettazioni fanno rabbrividire: tonnellate di ceneri tossiche vengono miscelate col piglio di una casalinga improvvisata.
I rifiuti sarebbero stati accatastati ampliando l’area di stoccaggio e violando i provvedimenti di AIA e VIA. Mentre venivano abbancati, si sollevavano polveri che finivano nei terreni circostanti. In discarica, secondo l’indagine, finivano anche liquidi contenuti in fusti. Ad analizzare tutto ci pensava un laboratorio non proprio indipendente, ovvero quello della Siram amministrata da Antonino Paratore e di proprietà della stessa discarica. La miscelazione dei rifiuti pericolosi avveniva all’esterno, con un impianto mobile di triturazione, alcuni di questi finivano direttamente nell’inceneritore realizzato a due passi dalla salina della rada di Augusta e gestito dalla Gespi. I codici in mano degli investigatori comprendono “ceneri pesanti e scorie contenenti sostanze pericolose”, “rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi” e molto altro. Se il progetto autorizzato prevedeva tre pozzi per la raccolta del percolato, in realtà ne esistevano solo due, la capienza della discarica lievitava grazie a sponde impermeabilizzate e muretti.
In tutto questo, i funzionari “consentivano alla Cisma Spa la gestione illecita di tonnellate di rifiuti, omettendo di provvedere al rispetto delle prescrizioni contenute nei provvedimenti di VIA e di AIA ed emettendo, contemporaneamente, autorizzazioni in palese violazione di legge”.
Per esempio Gianfranco Cannova, Natale Zuccarello e Giuseppe Latteo avrebbero omesso, dal 2007, di diffidare la discarica, pena la decadenza dell’autorizzazione, al rispetto delle prescrizioni regionali. Per le irregolarità esistenti, avrebbero dovuto chiudere gli impianti: nessun deposito del progetto esecutivo adeguato alle prescrizioni del decreto regionale di Via; aree di stoccaggio in luoghi diversi da quelli autorizzati, realizzazione di tre capannoni al posto di quattro; la presenza di pozzi, uno irriguo e uno potabile in prossimità dell’impianto.
Paolo Plescia, direttore tecnico dell’impianto di trattamento dei rifiuti di contrada Bagali dal maggio 2012, direttore tecnico della Siram Srl e ricercatore del Cnr di Roma, avrebbe fornito il proprio contributo per redigere uno studio sulla “apparente stabilizzazione” dei rifiuti trattati dalla Cisma.
I sopralluoghi di Arpa e Provincia? Inutili. Natale Zuccarello, Giuseppe Latteo e Gianfranco Cannova nonostante le irregolarità accertate, sono accusati, in assenza di un apposito rapporto istruttorio e di un nuovo procedimento di Valutazione impatto ambientale, di aver autorizzato l’aumento delle quantità di rifiuti da trattare “determinando un raddoppio delle emissioni nocive”.
Mauro Verace è indagato per aver modificato il decreto VIA del 2006 abrogandone un punto e consentendo così il conferimento alla Cisma Spa di rifiuti non provenienti dall’Ato Siracusa. Senza una nuova procedura di VIA, avrebbe autorizzato un ulteriore invaso nella discarica che ne raddoppiava la capacità fino a un milione di metri cubi. Per farlo, il dirigente regionale avrebbe sostenuto che l’ampliamento fosse uno stralcio di un progetto generale già approvato in precedenza.
Cannova è accusato di aver ricevuto soldi in contanti dai Paratore, in cambio avrebbe “disapplicato” alcune prescrizioni. Anche Mario Corradino, funzionario dell’assessorato Infrastrutture e mobilità, sfruttando le proprie relazioni con i funzionari A. P., S. P. e D. A. e con i funzionari del ministero dell’Ambiente, si sarebbe fatto consegnare “denaro in contanti per migliaia di euro”.