Come in un romanzo criminale: l’unico movente è la violenza. Una guerra tra bande di giovani malavitosi che si consuma fino all’ultimo morto. Tutto per conquistare una leadership all’interno del loro paese, Termini Imerese. Sono svincolati dalla criminalità organizzata ma vivono come piccoli “reucci” che seminano il terrore tra i cittadini con furti, incendi e rapine.
Questo è lo scenario che hanno ricostruito i carabinieri del gruppo di Monreale attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali e che all’alba di oggi hanno portato all’arresto del presunto omicida di Tommaso Calafiore.
Si chiama Giovanni Rinaldo, 28 anni, e stava fuggendo in Svizzera. I carabinieri sono arrivati a lui attraverso un’indagine che è partita la sera del 14 maggio, notte dell’omicidio, e si è rafforzata con il tentato omicidio proprio a carico di Rinaldo per vendicare l’assassinio. Il 21 giugno scorso è stato accoltellato dagli amici della vittima a Termini Imerese. L’episodio è stato inserito dai carabinieri tra la serie di vendette fra i componenti della banda. Per il tentativo di omicidio furono arrestati, due giorni dopo, Giovanni e Nicolò Iannolino, 47 e 28 anni, padre e figlio. I carabinieri hanno ricostruito, durante le indagini per il delitto, la faida fra i componenti della banda.
L’11 maggio l’auto di Nicolò Iannolino, dopo un litigio con Giovanni Rinaldo, 28 anni, sarebbe stata incendiata da quest’ultimo.
Nella notte fra il 13 e il 14 maggio, Tommaso Calafiore avrebbe vendicato l’amico bruciando l’auto di Rinaldo (questo il movente del delitto avvenuto la sera del 14 maggio).
Giovanni Rinaldo ora è accusato dai militari, anche, di aver commesso quattro furti, una rapina e l’incendio di sei autovetture.
All’indagine dei militari, che non si conclude qui, hanno anche collaborato diversi cittadini. Il colonnello Pietro Salsano dice: “I cittadini hanno anche fornito alcuni piccoli indizi per comprendere meglio cosa è successo, intuizioni che da sole non avrebbero fornito alcunché ma che raggruppate in una sorta di collage hanno fornito un quadro più completo”. Tra le vittime di un incendio d’auto, ad esempio, c’è chi ha escluso che potesse trattarsi di pizzo ma indicava alcuni “giovani chiacchierati in paese”.
di Romina Marceca