L'ombra nera dell'Isis sulla Sicilia | Contatti fra trafficanti e guerriglieri - Live Sicilia

L’ombra nera dell’Isis sulla Sicilia | Contatti fra trafficanti e guerriglieri

Il 15 febbraio scorso, a largo delle coste libiche, quattro persone a bordo di un gommone e armati di kalashnikov spararono contro una motovedetta della Guardia costiera. Ora emergono collegamenti fra chi ha fatto fuoco e gruppi paramilitari libici. Emessi a Palermo tre mandati di arresto internazionale. Si indaga su alcuni contatti telematici fra la Sicilia e la Libia.

PALERMO – Quegli spari adesso fanno più paura. Il 15 febbraio scorso, a largo delle coste libiche, quattro persone a bordo di un gommone e armati di kalashnikov fecero fuoco contro gli uomini della Guardia costiera che avevano messo in salvo duecento migranti stipati su un barcone. I nostri uomini, pur armati, non risposero al fuoco per garantire la sicurezza dei disperati che cercavano di raggiungere la Sicilia. Ora l’intelligence ha scoperto che ci sono dei collegamenti fra chi ha fatto fuoco e gruppi paramilitari libici. È difficile avere certezze, ma l’ombra del terrorismo, e dell’Isis in particolare, aleggia pesante.

Si parte da una certezza che emerge dalle indagini del pool antiterrorismo della Procura di Palermo: i gruppi armati finanziano la guerra all’Occidente, anche e soprattutto, attraverso i traffici di essere umani. Traffici lucrosi. Le microspie hanno captato che per un solo viaggio i trafficanti si mettono in tasca un milione di euro. Le intercettazioni dicono anche altro, però. Ci sono dei contatti frequenti, anche via telematica, fra alcuni arabi che vivono in Sicilia e altri che in Libia sono stati assoldati dai gruppi armati dove i terroristi reclutano i guerriglieri. Cosa ci sia alla base dei contatti resta, però, un segreto investigativo. Oggi si è tenuto un incontro al Palazzo di giustizia di Palermo fra il sostituto procuratore nazionale antimafia Maurizio De Lucia e il procuratore aggiunto Leonardo Agueci.

A proposito di contarti è emersa pure la vicinanza fra coloro che hanno fatto fuoco contro la motovedetta ed Ermies Ghermaye, nato in Etiopia ma attivo in Libia, che ufficialmente da oggi è un ricercato internazionale per la tratta di essere umani. Il giudice per le indagini preliminari di Palermo ha emesso un mandato di arresto internazionale nei confronti suoi, del sudanese John Maharay e dell’Eritreo Abkadt Shamshedin. I loro nomi fanno parte della lista rossa di ricercati in mano all’Interpol. Erano sfuggiti all’arresto nel luglio scorso quando il Servizio centrale operativo di Roma e le Squadre mobili di Palermo e Agrigento ricostruiscono i canali attraverso cui migliaia di disperati giungono sulle coste dell’Isola. “Inshallah”. Dio ha voluto così dicevano i mercenari di fronte alle decine, centinaia di morti e dispersi nei mari siciliani.

I magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo – i procuratori aggiunti Leonardo Agueci e Maurizio Scalia, i sostituti Calogero Ferrara e Claudio Camilleri – hanno individuato i responsabili della tratta di clandestini. Coloro che gestiscono le rotte della disperazione e hanno provocato l’ecatombe dell’ottobre 2013, quando 366 persone morirono a largo di Lampedusa. I disperati pagano da poche centinaia a migliaia di euro a secondo della tratta. Perché una volta giunti in Sicilia dal Sudan e dalla Libia i clandestini possono contare su un’organizzazione che offre loro riparo e poi li smista nel Nord Italia o addirittura in Svezia, Norvegia, Canada e Australia.

Una barcone pieno di migranti vale una valanga di soldi. Tanto che uno degli indagati poteva affermare che “io la mia America l’ho trovata qua”. Una volta in Sicilia i migranti venivano e forse vengono stipati in magazzini affollati all’inverosimile. C’è chi procura loro passaporti falsi e chi organizza matrimoni di comodo per giustificare la presenza in territorio italiano. Le indagini sul tragico naufragio a Lampedusa il 3 ottobre 2013 hanno fatto scoprire agli investigatori ”continue violenze fisiche e reiterate torture che hanno subito numerosi migranti, nonché i ripetuti stupri, anche di gruppo, cui sono state sottoposte diverse donne”.

Nel frattempo le indagini sono proseguite ed è emerso un particolare inquietante. Ghermaye è in contatto con i gruppi armati libici che finanzierebbero le azioni terroristiche con i soldi della tratta di clandestini.


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