Catania, testata dopo il tamponamento in centro: condannato

Catania, testata dopo il tamponamento in centro: condannato

Dopo un battibecco rompe il naso della vittima: i fatti sono accaduti in via Monsignor Ventimiglia.

CATANIA. Avrebbe tamponato un’auto in via Monsignor Ventimiglia e poi aggredito con una testata, rompendogli il naso, il conducente della vettura, reo di non aver accettato la sua offerta sprezzante di 50 euro per aggiustare tutto e di aver pure sminuito il suo gesto, parlando con la moglie, una volta risalito in macchina. Per queste ragioni, il giudice monocratico Massimo Principato, ha condannato a 1 anno 6 mesi di reclusione un incensurato di Paternò, il trentaseienne G.D.M., con sospensione condizionale della pena.

Il ferito, dal canto suo – che era imputato a sua volta per lesioni ai anni di G.D.M. – è stato assolto con formula piena: l’unico a sanguinare, secondo un vigile che intervenne sulla scena dell’incidente, era lui. E in più il racconto del condannato, secondo il giudice, sarebbe “del tutto inverosimile, contraddittorio e palesemente discordante con le ulteriori risultanze probatorie acquisite nel corso dell’istruttoria dibattimentale”.

Il condannato all’epoca aveva trent’anni. Era il 2017. Il ferito, parte civile e al tempo stesso imputato di lesioni (ma assolto), è difeso dall’avvocato Pietro Maravigna. Entrambi, in pratica, avevano sporto denuncia. Il condannato dovrà pagare un risarcimento danni, da liquidarsi in separata sede, oltre a pagare una provvisionale di 5 mila euro immediatamente esecutiva. Le motivazioni della sentenza, come detto, sono state depositate contestualmente dal giudice.

Secondo quanto ricostruito in aula, in pratica, dopo il tamponamento i due automobilisti si sarebbero fermati. Ci sarebbe stato un battibecco verbale, con il ferito che avrebbe risposto “me ne sto andando” all’offerta di 50 euro formulata dal giovane. E poi, una volta tornato in macchina, lo avrebbe riferito a sua moglie, aggiungendo anche, parlando con lei, un’espressione offensiva. Queste parole non sarebbero andate giù a G.D.M., che le avrebbe sentite e furibondo lo avrebbe raggiunto nell’abitacolo e aggredito. “Va evidenziato che la condotta – si legge, in sintesi, nella sentenza – è meritevole di energica censura: si trattò di un contegno vile ed incivile, espressione di una personalità violenta ed aggressiva”.

“Sono particolarmente soddisfatto per l’esito del processo – afferma l’avvocato Maravigna – che, per le false dichiarazioni del D.M., aveva, paradossalmente, visto finire sul banco degli imputati pure il mio assistito. Il Giudice è stato davvero bravo, con una motivazione granitica ed inscalfibile in qualunque successivo grado di giudizio, a mettere in risalto tutte le contraddizioni in cui il D.M. è caduto. Davvero incomprensibile come possa accadere, specialmente dalle nostre parti, che persone civili, una volta alla guida, si trasformino in belve furiose. Adesso valutiamo concretamente l’ipotesi della presentazione di una nuova denuncia alla Procura della Repubblica affinché venga contestato al D.M. anche il reato di calunnia. Come dice la sentenza ha prodotto un referto sanitario, redatto a ben cinque giorni dai fatti, in cui emergeva una diagnosi del tutto incompatibile con la dinamica degli accadimenti, accusando il mio assistito di un reato che ben sapeva non avere commesso”.


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