CATANIA. Tiziana Drago, senatrice della Repubblica residente a Trecastagni, è approdata di recente in FdI; mentre il consigliere di Palazzo degli Elefanti Emanuele Nasca ha lasciato l’M5s per la Lega di Matteo Salvini. Sono soltanto gli ultimi due atti di un Movimento che ai piedi dell’Etna perde pezzi o posizione. Tutti a partire da motivazioni differenti, va da sé. Ad esempio: la puntese Simona Suriano, una prima linea storica, è passata ai banchi del Misto a Montecitorio perché non avrebbe gradito l’opzione Mario Draghi. Una scelta, forse, di profonda adesione agli ideali della prima ora. Ma l’immagine complessiva è quella di una realtà politica che nel giro di pochi anni è passata da soggetto in constante crescita, anche nei territori, alla continua conventio ad exlcudendum.
I territori
Alle recenti Amministrative di Tremestieri etneo, Simona Pulvirenti è riuscita a blindare il seggio. Una bandierina piazzata mentre nelle vicine piazze di San Giovanni la Punta e Pedara (dove peraltro l’M5s è paradossalmente cresciuto) il Movimento ha perso rappresentanza. Numeri che ovviamente non dicono tutto, perché oltre ai consiglieri ad Aci Sant’Antonio, Mascalucia, Biancavilla, Paternò, Gravina e Scordia, i Cinque Stelle presidiano, a partire dai sindaci, i Comuni di Acireale e Grammichele.
Sono le uscite però a pesare, appunto perché minano dalle fondamenta il mantra dell’uno-vale-uno. Due volti simbolo del territorio provinciale, Mario Michele Giarrusso e Angela Foti, hanno già lasciato da tempo la creatura fondata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. A Catania città, l’ex candidato sindaco Giovanni Grasso è stato messo fuori sulla scorta di una vicenda non meglio chiarita che andava a tutto danno della collega Lidia Adorno, “grillina” della prima ora.
Caccia al traditore
“Chi lascia il cinque stelle per la poltrona è un traditore. Punto”. L’europarlamentare Dino Giarrusso, raggiunto da LiveSicilia, non usa mezzi termini. “Probabilmente c’è gente che negli anni è entrata nel Movimento per puro vantaggio personale, senza credere fino in fondo nei suoi principi, e ha sfruttato la buonafede degli attivisti. Peraltro sono successe cose strane…”
Cosa? “Ignazio Corrao nel 2014 arriva nono, dunque è bocciato dai nostri iscritti e non deve esser candidato – spiega Giarrusso – Invece si elimina [lo dice tra virgolette] dalle liste un certo Cinà, guarda caso l’unico che lo precedeva in ordine alfabetico, e chi era stato bocciato diventa addirittura capolista, quando la più votata era stata Simona Suriano. E ancora più incredibile è che quel Cinà, poi viene serenamente candidato nel 2017″.
Un caso che pesa sulla tenuta del Movimento, secondo Giarrusso. “Gli attivisti non vivono serenamente queste stranezze, specie quando i protagonisti di queste operazioni durante il secondo mandato lasciano il Movimento tenendosi poltrona e stipendio. Io li chiamo traditori, o Scilipotini e in effetti sono le stesse parole che usava Corrao per chi aveva fatto nel 2017 quel che ha poi fatto lui nel 2020. Come si cambia, per non morire…”
Le competizioni minori
Resta sul piatto un problema che tocca da sempre le competizioni minori. Un dossier che Giarrusso ha già segnalato ai piani alti del Movimento: “Ho detto molto chiaramente che dobbiamo curare assai di più i territori, far eleggere più consiglieri comunali. Non lo dico soltanto perché è un mio pallino quello di curare maggiormente la dimensione locale, ma c’è un problema che va oltre la Sicilia. È chiaro a tutti che nelle Amministrative difficilmente veniamo premiati se non dove i cittadini sono profondamente arrabbiati con chi li ha governati fino a quel momento. Penso a Roma con l’elezione di Virginia, ma anche a Parma e a Livorno”.
La necessità è quella di un cambio di passo.“Serve organizzarsi – insiste Giarrusso guardando alle prossime scadenze siciliane – per riuscire a prendere voti in quei Comuni grossi come Catania, Palermo e Siracusa. Penso sempre a Catania, se avessimo avuto un candidato sindaco più credibile avremmo avuto risultati politici ben più alti”.
L’altro Giarrusso
Mario Michele Giarrusso (l’altro Giarrusso) era percepito come uno degli intransigenti del grillismo catanese e non solo, un giacobino. Cos’è successo poi? “È stato espulso perché moroso, nonostante vari avvisi – spiega l’europarlamentare – È uno che negli anni ha puntato più a dividere che a unire il Movimento, come può confermare qualunque attivista etneo. Oggi è con Paragone, in un partitino che non ha mai preso un voto. Proprio di recente hanno chiesto e ottenuto l’intitolazione di una piazza di Catania a Bettino Craxi, un corrotto, pluricondannato, latitante internazionale: che diavolo c’entra questo schifo con i valori del M5s?”
E la fuoriuscita di Angela Foti, vicepresidente Ars e fondatrice di AttivaSicilia? “Mi dispiace per la Foti – riprende Dino Giarrusso – che ha tradito come gli altri. E poi la Drago, Mollame, Nasca, Grasso… Se gli eletti ci lasciano c’è un problema di scelta dei candidati che dobbiamo affrontare, o ne risentiremo alle future tornate elettorali”.
La diagnosi
Tornare all’onestà. Sta qui la ricetta di Giarrusso per fermare lo stillicidio. “Basta chiuderci: con Giuseppe Conte dobbiamo far sì che se una persona onesta e preparata vuole entrare nel M5s, bisogna spalancargli le porte e non guardare alla propria cerchia di amici, temendo [sempre tra virgolette] chi entra come possibile concorrente: la chiusura è la morte di ogni forza politica, e fra i traditori ci sono tanto gli ultimi arrivati quanto gli attivisti storici, dunque non è certo un problema di anzianità, quanto di coscienza personale e lealtà”.