I pm e il ruolo dei sindaci | "Sapevano della villa abusiva" - Live Sicilia

I pm e il ruolo dei sindaci | “Sapevano della villa abusiva”

Il caso dell'immobile della tragedia fa parte delle contestazioni della magistratura contabile.

LA TRAGEDIA DI CASTELDACCIA
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PALERMO – La villetta della tragedia era ormai del Comune. E i sindaci che si sono succeduti alla guida di Casteldaccia ne erano certamente a conoscenza dal 3 novembre 2017. È questa la data in cui la Procura regionale della Corte dei Conti notificò agli amministratori la contestazione preliminare per danno erariale da cui è scaturita lo scorso agosto la citazione a giudizio.

A Fabio Spatafora e Giovanni Di Giacinto, assieme ai dirigenti comunali Maria De Nembo e Alfio Tornese, viene contestato di non aver rispettato le norme sull’abusivismo edilizio. Nell’elenco delle irregolarità contestate dai pm contabili c’è anche la villetta di contrada Cavallaro dove sabato notte sono morte nove persone. Queste le cifre della citazione: De Nembo 71 mila euro, Tornese 48 mila, Di Giacinto 10 mila, Spatafora 108 mila.

L’ex primo cittadino Spatafora e il suo successore Di Giacinto “avrebbero consentito agli autori degli illeciti di continuare a beneficiare degli immobili realizzati abusivamente, senza corrispondere alcuna indennità di utilizzo, né la tassa sui rifiuti e gli altri tributi previsti dall’ordinamento, con conseguente danno per le casse del Comune”. Di Giacinto prima di essere eletto lo scorso giugno era già stato sindaco dal 2008 al 2013, quando ha passato il testimone a Spatafora.

Gli immobili abusivi sono 31 e fra questi alla voce “abitazioni secondarie” c’è la villetta della tragedia per la quale l’amministrazione comunale, secondo l’accusa, non ha incassato 16 mila euro di indennità di occupazione dei 239 mila di danno erariale. Quando i proprietari non rispondono all’ordine di demolizione, come nel caso di contrada Cavallaro, l’immobile viene acquisito al patrimonio comunale. La proprietà era passata da Antonino Pace e Concetta Scurria al Comune di Casteldaccia.

Nel gennaio 2018 Di Giacinto e Spatafora si sono difesi sostenendo che ci sia una distinzione delle “funzioni di indirizzo politico-amministrativo da quelle gestionali, riservate alla dirigenza, nonché le norme riguardanti la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, parimenti riservata ai dirigenti preposti ai competenti uffici comunali”.

Non è d’accordo la Procura contabile che nella citazione a giudizio ribadisce i passaggi che i responsabili degli enti locali devono rispettare nei casi accertamento di abuso edilizio: 1) ingiunzione a demolire (entro 90 giorni); 2) acquisizione gratuita al patrimonio comunale (in caso di mancata demolizione); 3) accertamento formale dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e relativa notifica all’interessato; 4) immissione in possesso e trascrizione da parte del Comune. Se tutto ciò non avviene “nell’ipotesi che gli immobili siano rimasti in uso agli stessi responsabili dell’abuso e a titolo gratuito” scatta la contestazione di danno erariale.

Nel caso della villetta della tragedia la contestazione riguarda il quinquennio 2008-2012 perché sono ormai scaduti i termini entro i quali il Comune poteva rivalersi sui proprietari. Ciò significa che per gli anni successivi l’accertamento resta in stand by.

I sindaci, secondo i pm, hanno la colpa di non avere vigilato. Una colpa caratterizzata da “una grave ed ingiustificabile negligenza riguardante un settore che vede nel sindaco non un mero, benché qualificato, spettatore, bensì un protagonista di rilievo, chiamato a svolgere una fondamentale funzione di vigilanza e di impulso”.

Il caso Casteldaccia è emerso nei mesi scorsi, ma la Procura contabile ha esteso i controlli in tantissimi Comuni delle province siciliane. I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria hanno acquisito documenti in giro per la Sicilia. Ne sono scaturiti decine di fascicoli. Quello su Casteldaccia è stato ora acquisto dal procuratore di Termini Imerese Ambrogio Cartosio. I reati ipotizzati, al momento a carico di ignoti, sono disastro colposo e omicidio colposo.

Perché la casa non è stata abbattuta? Di Giacinto in questi giorni ha spiegato che gli abusi sono stati segnalati alla magistratura e che un ricorso al Tar ne aveva bloccato l’abbattimento. Circostanza, quest’ultima, smentita dalle ordinanze del Tribunale amministrativo, ma il sindaco aggiunge che non era a conoscenza della decisione dei giudici. Insomma, ha agito in assoluta buona fede. Mentre Spatafora ha precisato che il Comune non aveva i soldi per procedere con le demolizioni che costano parecchi quattrini.


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