CATANIA – Trent’anni. Tanti ne sono passati dall’uccisione di Libero Grassi, imprenditore che si è ribellato contro la mafia dicendo no al pizzo. L’Asaec, l’associazione antimafia che ne porta il nome, lo ricorda con una riflessione.
L’omicidio
“Era il 29 agosto 1991. Sono passati trent’anni dall’uccisione per mano mafiosa dell’imprenditore Libero Grassi, un’esecuzione che ha smascherato il molteplice silenzio e isolamento nel quale si trovava – si legge. Da allora, sono stati fatti importanti passi avanti nella lotta al pizzo (prima forma di controllo del territorio esercitato dai clan mafiosi) e all’usura”.
Le associazioni
Tra le associazioni antiracket, nate per volontà di imprenditori che hanno detto no e hanno deciso di dare un aiuto concreto a chi, a sua volta denunciava. “L’ As.A.E.C. Associazione antiestorsione di Catania “Libero Grassi” fu una di queste, tra le prime in Sicilia e la prima in provincia di Catania – continua il testo. E ancora oggi mantiene questo spirito: sensibilizzare e sostenere le vittime secondo i canoni della volontarietà e della gratuità”.
Gli strumenti
“Innumerevoli, poi, sono state le leggi nazionali create a favore dei denuncianti, seguite poi da quelle regionali e dagli svariati regolamenti comunali che prevedono esenzioni tributarie per i commercianti che denunciano – prosegue la nota. Strumenti diversi, talvolta poco conosciuti, ma con un unico obiettivo: sostenere le vittime e incentivare alla denuncia. Armi potenti che hanno permesso alle vittime di trovare ristoro e ottenere un valido sostegno processuale.
Fenomeno duro a morire
“Purtroppo, però, il fenomeno è ancora lontano dall’essere sconfitto, complice una cultura della rassegnazione, del quieto vivere, dell’omertà, nonché di una certa sfiducia verso la giustizia e lo Stato. E così lo stesso fenomeno si presenta sotto molteplici forme che, per una lotta davvero efficace, è innanzitutto necessario saper cogliere – si legge ancora”.
Da dove ripartire
“E allora da dove ripartire? Sebbene questi strumenti legislativi rappresentino un caposaldo nel complesso contrasto al racket e all’usura, necessitano di modifiche volte ad aggiornare la disciplina, così da adattarla ai molteplici cambiamenti che il fenomeno va assumendo – sostengono i rappresentanti dell’associazione. Sarebbe, inoltre, auspicabile una maggiore sinergia fra tutti gli attori del contrasto a racket e usura: forze dell’ordine, magistratura, prefetture, amministrazioni comunali e associazioni antiracket, di settore e sindacali, magari attraverso la promozione di momenti di incontro e la condivisione di azioni comuni. Indispensabile, se non addirittura preliminare alla strategia di contrasto da adottare, è poi indagare sul perché si continui a cadere vittima di aguzzini senza scrupoli o addirittura diventarne complici. Scarsa conoscenza degli strumenti di contrasto? Sfiducia verso una pronta e decisa reazione degli organi giudiziari? Inefficacia della funzione sociale dell’antimafia che certamente andrebbe rivista ripartendo dal basso? Probabilmente – conclude la nota – una sommatoria di fattori hanno contribuito a una minore attenzione verso un fenomeno tanto persistente quanto devastante nel nostro tessuto economico. Di certo, è necessario non solo fare di più, ma farlo meglio”.