CATANIA – Non basta la repressione per sconfiggere l’illegalità. Soprattutto nei quartieri difficili dove tanti ragazzi sono tentati dalle “scorciatoie” che offre il crimine. Il Questore Giuseppe Gualtieri crede nel valore formativo ed educativo dello sport. Giocatore di tennis, Gualtieri scalpita il giorno dell’intervista perché una lieve influenza lo ha allontanato dalla sua amata racchetta. Il Questore è entusiasta del progetto del Coni che porterà a Catania la sezione delle Fiamme Oro di pugilato.
“I nostri giovani non hanno più speranza nel futuro – afferma il poliziotto – mancano di una visione del futuro, di una speranza del futuro. Vivono quasi alla giornata e anzi hanno un grande senso di disfattismo nei confronti di qualunque progetto gli si proponga. Se vogliamo vedere lo sport come uno specchio della vita – aggiunge – lo sport insegna innanzitutto il gioco di squadra che è la cosa più importante, poi insegna che bisogna impegnarsi per superare le difficoltà ma insegna anche a riconoscere i meriti degli altri. Lo sport è anche regole – continua Gualtieri – perché nello sport si gioca con le regole. Nella vita spesso si pensa che la regola sia un fardello inutile e si cercano le scorciatoie. Lo sport invece dà la voglia di raggiungere un risultato seguendo le regole e superando gli ostacoli”.
Gualtieri aveva parlato del progetto delle Fiamme Oro del Coni durante la presentazione del nuovo commissario di Librino, evidenziando l’importanza dell’integrazione nel quartiere. Uno sport come il pugilato può essere la chiave per aprire un importante dialogo con i giovani. “Due sono le componenti dello sport – spiega il Questore – uno di natura etica e l’altra di natura prettamente educativa e disciplinare. E quando parliamo di disciplina e di sport duri, dove per gareggiare ci vuole una grande disciplina, non possiamo che parlare del pugilato. Ecco perché le Fiamme Oro hanno deciso, nei tempi e nei mondi in cui sarà possibile, di aprire una sezione a Catania”.
Il Questore crede molto nel progetto perché viene già da un’esperienza simile in Campania. “Io vengo dall’esempio della scuola di Marcianise che ha recuperato tanti giovani che appartenevano a famiglie inserite nel contesto casalese. Quindi veicolare nei nostri quartieri più difficili uno sport ad alta densità di sacrificio e di disciplina come il pugilato sicuramente è un modo per veicolare le energie dei giovani da obiettivi negativi ad obiettivi positivi”.
Fondamentale poi è il rapporto con la scuola, agenzia di formazione essenziale nella crescita di un ragazzo. Soprattutto un giovane che per diversi motivi, sociali o economici, non ha punti di riferimento stabili. “Certamente di sono dei ragazzi iperattivi che gli insegnanti non sempre riescono a veicolare per la giusta direzione – afferma Gualtieri – Lo sport questa grande vitalità la può tradurre in un volano per fare un percorso di crescita sociale”. “Da qui l’iniziativa del Coni – spiega il Questore – di far fare sport alla chiusura delle scuole a quei ragazzi che non hanno la possibilità di fare attività ludiche pagate dalle famiglie”.
Un percorso di regole e legalità che però potrebbe andare in frantumi quando il ragazzo rientra in casa o in famiglia. In alcune realtà questo rischio è alto. “E’ il cuore del problema”, ammette Giuseppe Gualtieri. “E’ chiaro che la famiglia deve agire in sinergia con la scuola – argomenta il Questore – altrimenti corriamo il rischio che tanto lavoro può essere disperso da un’atteggiamento della famiglia che prende in giro il figlio che parla di regole, che parla di educazione alla legalità oppure un figlio che trascura di fare un piccolo favore (tra virgolette) al padre e invece va a studiare o a giocare con i compagni. E’ un grande rischio ma – conclude Gualtieri – io in genere ho paura solo delle malattie e della morte, del resto difficilmente riesco a spaventarmi. Per cui noi tentiamo e vediamo come va a finire”.