Gli italiani tornano, come in passato, a parlare alla politica con una valanga di sì ai referendum, ritrovando – dopo 16 anni di ‘purgatorio’ – un quorum che addirittura schizza al 57% su tutti e quattro i quesiti dando un chiaro avvertimento a governo e maggioranza, dopo l’annuncio di non voto di Silvio Berlusconi. Il premier prende atto, assicura che terrà conto della volontà degli elettori e si prepara alla verifica parlamentare del 22 giugno accelerando con la riforma del fisco, per dare un segno concreto di cambiamento.
E mentre il Capo dello Stato tace, la Lega si prepara all’appuntamento cruciale di Pontida e si dichiara ”stufa di prendere sberle”. Intanto i referendari festeggiano in piazza ed il Pd torna a chiedere le dimissioni del premier, invitando il Carroccio a staccare la spina. Con ogni probabilità, quella che si leva dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani così come dai leader del terzo Polo Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e Francesco Rutelli (il leader Idv Antonio Di Pietro prende invece le distanze), è l’ennesima richiesta di dimissioni destinata a non avere conseguenze. ”E’ stato un referendum sul divorzio: quello tra il governo e gli italiani”, evoca il celebre quesito referendario del ’74 il leader del Pd, che chiama le forze più responsabili del centrodestra, in particolare la Lega, a girare pagina senza più sostenere un esecutivo fiaccato dall’ennesima sconfitta politica, dopo le amministrative (che oggi hanno visto la maggioranza soccombere nei ballottaggi in Sicilia).
Anche il Terzo Polo auspica che la Lega si svincoli e invita il premier a dimettersi. Ma Berlusconi non ci pensa affatto, come dimostra la frase buttata là dopo l’incontro con il premier israeliano Benjamin Netanyahu a Villa Madama: ”Ci vedremo l’anno prossimo a Gerusalemme”. Il voto referendario non ha la valenza politica di una bocciatura al governo o alla sua persona – è l’analisi del premier – e lo dimostra il fatto che per il raggiungimento del quorum determinante è stato il contributo del popolo di centrodestra, al quale era stata data libertà di voto.
”L’alta affluenza nei referendum dimostra una volontà di partecipazione dei cittadini alle decisioni sul nostro futuro che non può essere ignorata – osserva con fair play il premier in una nota -. Anche a quanti ritengono che il referendum non sia lo strumento più idoneo per affrontare questioni complesse, appare chiaro che la volontà degli italiani è netta su tutti i temi della consultazione. Il Governo e il Parlamento hanno ora il dovere di accogliere pienamente il responso dei quattro referendum”.