PATERNO’. L’assassinio del paternese Salvatore Cicero era stato quanto di più cruento e drammatico si potesse arrivare a descrivere. Massacrato a calci e pugni dalle due persone con le quali si era dato appuntamento per “dirimere su alcune questioni” nelle campagne di contrada Porrazzo-Scalilli e poi, quando era ancora vivo, cosparso di benzina e bruciato vivo. Una storia terribile. Una vicenda raccapricciante accaduta il 29 ottobre del 2002 e che, oggi, trova la giustizia essersi pronunciata in maniera definitiva.
Per l’assassinio di Salvatore Cicero è stato condannato a 21 anni di galera anche il secondo colpevole dell’omicidio: Francesco Ventura. Già in carcere, dal 2005 si trova, invece, Giuseppe Rutella condannato a 12 anni.
Furono i carabinieri della Compagnia di Paternò a condurre le indagini sull’assassinio. Attraverso una lunga e capillare operazione d’inchiesta supportata da diverse intercettazioni telefoniche ed ambientali, i militari risalirono a Ventura (ritenuto dagli inquirenti l’esecutore ed ideatore materiale della morte di Cicero) e Rutella.
Ventura in primo grado venne assolto; poi condannato, però, in Appello e Cassazione. Venne chiesta la revisione del processo: ma anche in questo caso, al termine di altri due gradi di giudizio (l’ultimo di queste ore in Cassazione) la condanna è stata confermata. “Uno di quei casi nei quali possiamo ben dire che la giustizia italiana funziona – spiega Nino Grippaldi legale della famiglia Cicero -: alla fine giustizia è stata fatta passando praticamente per cinque gradi di giudizio”.